mercoledì 27 dicembre 2017

Cosa i giochi di ruolo dovrebbero imparare dai giochi da tavolo

Perché i giochi da tavolo hanno avuto ultimamente più successo rispetto ai giochi di ruolo? Hanno fatto un patto con il diavolo oppure hanno, dalla loro, caratteristiche che li rendono più performanti e vincenti all'interno del mercato? Quali sono queste caratteristiche? E i giochi di ruolo potrebbero prendere spunto da queste e farle loro? Se sì, come? 



1. Velocità di apprendimento e utilizzo

Rilassante, privo di alea, affascinante.
Uno boardgame che consiglio tanto
a chiunque.
Parliamoci chiaro, la maggior parte dei giochi da tavolo sono veloci da imparare, veloci da preparare e veloci da utilizzare. Sono pochi quelli la cui durata si protrae oltre le 1-2 ore e sono sempre pochi quelli che richiedono la lettura di un tomo imponente per essere appresi. Di solito bastano un agile manualetto di una manciata di pagine (conditissimo di immagini ed esempi) per capire come si gioca, attività che, come detto, non occupa mai troppo tempo.

Queste caratteristiche rendono molti giochi da tavolo ottimi da proporre durante una serata vuota, anche e specialmente a chi di solito non gioca da tavolo (tralasciando magari giochi particolarmente complessi e corposi, pensati per i duri e puri). Mi è capitato di recente di mettere su un Bang! e un Tokaido durante una serata tra amici, quando, stanchi dopo qualche bevuta, ci siamo ritirati a casa di uno di noi per cazzeggiare. Ma ricordo anche alcune convention di giochi di ruolo in cui, tra un gioco di ruolo e un altro, siamo riusciti a mettere su in velocità alcuni giochi da tavolo molto semplici, come Dixit

Veloce, divertente, rilassante.
Uno dei giochi di ruolo da party
migliore ce io conosca.
La maggior parte dei giochi di ruolo non ha nessuna di queste caratteristiche. I giochi di ruolo veloci e facili esistono, ovviamente (qua per esempio ne cito parecchi), ma sono l'eccezione alla regola piuttosto che un'affermata realtà. Sono rari, spesso visti con sdegno dai giocatori veterani (vedremo poi nell'ultimo punto il vero punto di forza dei giochi da tavolo, che ha a che fare pesantemente con questo tipo di discorso) e parecchio snobbati dal mercato e dai pochi premi di settore. Il grosso dei titoli sono giochi lunghi, da svariate sessioni (se non addirittura anni di gioco), con una certa complessità regolistica e un Game Master che deve sobbarcarsi un certo peso e un certo onere, là dove un boardgame raramente ha ruoli diversi (e nessuno così complesso come quello del GM) e può essere affrontato subito da chiunque (o quasi).

Ricordo quando invitammo l'ex ragazza di un mio carissimo amico a una serata di ruolo, in cui giocavamo a un regolamento home made molto simile a D&D. La poverina rimase disorientata per tutto il tempo, senza mai capire davvero cosa stesse facendo o cosa la stessimo obbligando a fare. Ci scommetto tutto quello che volete che con giochi tipo Cartooner sarebbe immediatamente entrata in partita e probabilmente avrebbe giocato meglio di tutti noi altri messi assieme.

Di giochi veloci, rapidi, per tante persone o pochissime persone (così da poterli proporre in serate tra amici o quando si è solo in 2, per esempio), capaci di imporsi al di là del solito ambientino di nicchia frequentato dalle solite quattro facce, ce ne sarebbe molto bisogno, se non addirittura disperato bisogno. Perché non dovrei poter passare una serata in allegria proponendo un bel Cartooner (gioco di ruolo senza master ispirato ai cartoni stile Tom & Jerry, dalla durata media di 20-30 min, che potrei far giocare ora a chi non ha mai sentito parlare di gdr in vita sua) piuttosto che un Lupus in Tabula? Questo vuol dire che tutti i giochi di ruolo dovrebbero essere semplicissimi e da oneshot? Ovvio che no, non fraintendete il discorso per favore. Sto dicendo, invece, che questi dovrebbero iniziare ad essere spinti molto di più dal mercato, in modo da diventare gli esponenti più famosi e quindi avvicinare più utenti al gioco, esattamente come accade con il boardgaming


2. Esperienza visiva e tattile

Quasi tutti i giochi di ruolo sono esclusivamente un'esperienza orale. Sono un dialogo tra i vari partecipanti, in cui si narra cosa fanno i personaggi, cosa essi vedano e sentano, cosa accade nel mondo attorno a loro e come vanno a finire le loro azioni; spesso e volentieri c'è chi utilizza il termine teatro della mente per spiegare questo tipo di interazione. Io userei volentieri delle parole più tecniche, ma non è questo il momento, quindi prendiamo per buono teatro della mente. I giochi di ruolo sono giochi fatti di narrazione, pertanto necessitano solitamente di essa per funzionare, poiché l'ambiente di gioco (la plancia, possiamo dire) è la narrazione stessa. 

I boardgame invece non funzionano così. Non avendo alcuna narrazione devono creare il loro aspetto e l'ambiente di gioco utilizzando materiale visivamente accattivante e spesso da maneggiare e manipolare ai fini delle meccaniche. Questo esercita un certo fascino sui giocatori, che possono interagire fisicamente con le meccaniche di gioco, e non è un caso inizino ad andare di moda le confezioni inscatolate anche per i giochi di ruolo, così da richiamare inconsciamente il feeling dei giochi di ruolo. Bene ma non benissimo; si può fare di meglio.

Intendo che i giochi di ruolo "in scatola" in realtà poi si rivelano essere il classico manuale formato libro, con al massimo qualche materiale e qualche dado. Quello che sarebbe meglio, invece, è qualcosa di ancor più boardgame, come l'utilizzo di plance semplici e immediate, segnalini, carte apposite e materiale vario ed eventuale. Giochi come Chronicles of Skin, gdr dove tutto funziona tramite carte da gioco apposite (come fosse un gioco di carte), oppure Fall of Magic, con la sua mappa/plancia e i suoi segnalini, sono esempi virtuosi di questo approccio alla gioco da tavolo. Però sono anche esempi estremamente di nicchia, che andrebbero espansi a un livello più mainstream, dove invece il formato "libro" sembra ancora spadroneggiare. 

Per quanto bello e utile, l'approccio "libro" dei manuali e delle confezioni dei giochi di ruolo ha fatto il suo tempo e non sembra ulteriormente sfruttabile. A quanto pare il mercato ha ora un'ottica più improntata a confezioni più "smanettabili" dei giochi da tavolo. Queste appaiono molto meno spaventose di quanto possa esserlo un libro: sono colorate, accattivanti, piene di cose e con magari le regole spiegate in agili foglietti rilegati, e non in pesanti tomi. 

Quindi, considerando che ormai alcuni giochi di ruolo già vengono venduti in scatola (La guardia dei topi, per esempio), facciamo il passo successivo, rendiamo questa scatola e le sue componenti effettivamente utile ai fini delle meccaniche. Vorrei vedere più plance di gioco astratte (come può esserlo il terreno di battaglia di 3:16 e non la griglia di battaglia alla D&D, che invece è lontana da quello che sto proponendo), più segnalini utili alle meccaniche, più dadi speciali, più carte personalizzate, più... ecco, credo che ci siamo capiti no? Questo approccio farà certamente levitare i costi della produzione, e quindi spingerà a prodotti più snelli e facili, ricollegandosi magnificamente al punto 1. 



3. Regolamenti quadrati e schematici

Siamo arrivati a uno dei punti che, ne sono sicuro, sarà tra i più travisati e meno capiti, e che sicuramente solleverà le maggiori polemiche. Dal mio canto cercherò di essere il più chiaro e trasparente possibile, ma vi prego, davvero, vi prego, provate a leggere con mente aperta e con lentezza e pazienza, applicando una certa astrazione di pensiero. Questo è uno dei punti più importanti, quindi ci tengo venga recepito in maniera pulita. Abbiamo un patto? Bene, andiamo avanti.

Cosa intendo con regolamenti quadrati e schematici? Intendo regolamenti che:

  1. funzionino semplicemente seguendo pedissequamente le regole. Tutte le regole. Nei boardgame non esiste l'idea che per giocare bene si debba ignorare parte delle regole, anzi. Un bravo giocatore sa sfruttare il regolamento sino al millimetro (pratica che nei giochi di ruolo invece viene vista come power playing). 
  2. in cui sia chiaro cosa debbano fare i giocatori al tavolo per giocarli, e che prevedano delle procedure semplici e chiare per essere giocati. Nei boardgame si dice sempre chi può muovere e quando, quando tirare i dadi e perché, ecc. Nei giochi di ruolo, spesso e volentieri, sappiamo molto bene solo come creare i personaggi, mentre tutto il resto è demandato al GM. 
  3. abbiano un design chiuso per cui una regola ne triggeri un'altra, chiudendo un ipotetico cerchio. Tutto funziona come un motore ben oliato, cosa che purtroppo ho visto molto raramente nei giochi di ruolo, che invece sono spesso concepiti a compartimenti stagni e in cui le varie regole non dialogano tra loro. 
  4. abbiano un cuore/nucleo (core in inglese) semplice ed elegante, per cui tutto si muoverà utilizzando le stesse basi, senza aggiungere sottosistemi vari ed eventuali. 
Vampiri è l'esempio lampante di
regolamento rotto che necessita
del GM aggiustatutto per
girare e funzionare.
Ora, il gdr mainstream è lontano anni luce da questo tipo di regolamenti. In quell'ambito siamo ancora fermi al Game Master come vero e proprio motore del gioco, perché i regolamenti sono rotti, più o meno, ovviamente in base al gioco di cui parliamo, e non hanno un design forte alle spalle. Non sono regolamenti che partono da delle premesse potenti e le sviluppano in maniera coerente, e non sono regolamenti quadrati e chiusi. 

Sono regolamenti, come si diceva, a compartimenti stagni, spesso dotati di sottosistemi che non dialogano tra loro (per esempio il sottosistema di combattimento in molti gdr), pieni di regolette spesso appiccicate a forza che non riescono a lavorare in concerto in un modo funzionale. Cosa ancora più manchevole, questi giochi spesso non dicono espressamente come debbano essere giocati, lasciando libertà quasi totale al GM di impostare il gioco come pare e piace a lui. Nei giochi da tavolo sappiamo sempre chi può muovere i pezzi sulla plancia, quando e come; se la plancia dei giochi di ruolo è la narrazione, il teatro della mente (e mi piace molto pensarla così), allora è essenziale i regolamenti dei gdr dicano chi può narrare cosa e quando. Molti giochi semplicemente non lo dicono. O almeno, non in maniera davvero esauriente. 

Questo ha creato con il tempo il prevalere di un modo di giocare tribale, tutto incentrato attorno alla
BitD è un gioco che, pur
nella sua complessità, ha un
regolamento quadrato e
schematico tutto giocato
attorno a un nucleo chiaro
e conciso.
figura del GM, il fulcro del gioco e colui che deve far funzionare tutta la baracca. Il vero sistema diventa il Game Master. Nei giochi da tavolo una figura del genere sarebbe vista quantomeno come bizzarra, perché i giochi, in quell'ambito, funzionano tranquillamente senza la necessità di una figura esterna che si prodighi per far funzionare le regole o aggiustarle al volo. Le regole, nei giochi da tavolo, funzionano semplicemente seguendole; sono tematiche, perché portano avanti dei concetti attraverso le meccaniche; sono funzionali a un disegno globale, e convergono attorno a un nucleo centrale di solito semplice ed evidente. Nei giochi di ruolo questo non avviene, perché spesso le regole non sono concepite per assolvere a una funzione specifica o un tema, ma sono li come retaggio di un modo "tradizionale" di fare design che non viene messo in discussione. Non c'è un nucleo centrale, ci sono regole sparse, spesso persino incoerenti tra loro o dannose, tanto che il buon GM deve sapere quando ignorarle per far funzionare la sua storia. 

Ovviamente il discorso cambia enormemente se dal mainstream ci spostiamo nell'ambiente indie. Lì troviamo sia regolamenti rotti, sia regolamenti effettivamente funzionanti che seguono gli insegnamenti dei giochi da tavolo. Gli esempi si sprecano, penso per esempio a capolavori come Trollbabe. Come sempre, si tratta di giochi poco conosciuti, troppo di nicchia, ma che possono avere molto da dire a livello di design. Il problema è che non esiste, nell'ambiente dei gdr, una vera attenzione al design al di là delle piccole cerchie eretiche, e questi giochi non riescono ad avere il peso che invece i loro rispettivi nell'ambiente boardgame riescono ad avere (vuoi anche per fallimentari scelte di marketing da parte dei piccoli editori indie). 

C'è bisogno che i grandi nomi inizino a produrre e mettere in commercio giochi con regolamenti finalmente quadrati, coerenti, chiusi e schematici, che non richiedano il GM tuttofare per funzionare (e questo, attenzione, leggete bene quello che sto per scrivere prima di venire a commentare che voglio distruggere la figura del GM, non significa che non debbano più avere il GM, anzi, significa solo che il GM non sta più li a decidere quale regola usare e quando). 
T.I.M.E. Stories è un boardame ispirato ai gdr, che però, a parer mio, avrebbe molto da insegnare
a moltissimi deisgner di gioco di ruolo. 


4. Enorme varietà 

Guardate un attimo al panorama mainstream dei giochi da tavolo e ditemi cosa vedete. Esatto, giochi molto diversi tra loro, per tutti i gusti, tutti i palati, tutte le sfumature dell'arcobaleno. Da competitivi serratissimi a collaborativi rilassati, da giochi narrativi a giochi di comitato, da lunghissimi e infiniti german a veloci e rapidi americani. Insomma, la varietà dell'offerta mainstream è enorme e non si esaurisce all'interno di due generi e quattro sistemi di gioco tutti simili.

Il panorama mainstream dei giochi di ruolo è invece limitatissimo. Esistono pochissimi titoli, e tutti, praticamente tutti, devono qualcosa a D&D. Molti sono suoi cloni dichiarati, altri, pur parlando di temi diversi, presentano regolamenti chiaramente simili. Sono tutti giochi con un GM aggiustatutto, che presentano abilità, sottosistemi di combattimento e un approccio alle avventure lungo e complicato. A vedere solo il panorama mainstream si direbbe che il gdr sia un tipo di gioco limitatissimo, chiuso in se stesso. Ed è vero. Dolorosamente, profondamente vero. Le uniche cose che cambiano sono le ambientazioni, ma la sostanza, i sistemi, le regole, quelle sono quasi la stessa cosa che si parli di D&D o che si parli di G.U.R.P.S. È come se tutti i boardgame manstream fossero in qualche modo delle versioni di Risiko, ma con ambientazioni e dadi diversi. 

Bisogna immergersi nell'ambiente indipendente, spesso nuotando molto in profondità, per trovare titoli davvero differenti. Alcuni hanno il GM, altri no; alcuni sono per poche sessioni, altri per tantissime; alcuni sono competitivi, altri decisamente no; alcuni sono cazzoni, altri parlano di temi pesanti e importanti. Insomma, la varietà è davvero grande, ma sconosciuta, sommersa. Il gdr è, per il 90% dell'utenza, quel gioco immutabile alla D&D, e tutto il resto non solo non è conosciuto, ma viene snobbato prché troppo diverso: "quello non è un gdr". Ragazzi, una cosa del genere nel mondo dei boardgame non succede. O meglio, accade, perché gli scontenti e gli snob lamentosi esistono ovunque, ma sono giustamente voci poco ascoltate. 

Il gdr DEVE, assolutamente, sdoganare la diversità, ne va della sua evoluzione, ed è qui che arriviamo all'ultimo punto, quello più doloroso.



5. Mentalità aperta e innovatrice

Dal 2000 ad oggi il boardgaming è cresciuto in maniera esponenziale, merito di nuovi giochi, nuovi designer e case editrici che hanno creduto nell'evoluzione e hanno lanciato sul mercato prodotti freschi e originali. Certo, il pubblico non ha sempre accettato il nuovo con entusiasmo, ma si è comunque messo in gioco. Adesso, 2017/2018, l'utenza dei boardgame pare molto propensa a nuovi stimoli, tanto che finito un gioco ne cerca un altro diverso e più innovativo. Non ci si ferma mai, si è sempre pronti a portare leggermente più avanti l'asticella, e gli stessi contest, da quelli più importanti passando per i più piccoli, premiano l'innovazione, il coraggio, la varietà. Basti pensare a innovazioni sempre più amate come i legacy

E nel gioco di ruolo? Beh, la cultura del gioco di ruolo è ferma, stagnante, morta. L'utenza è ancorata ai quattro soliti titoli ed è spaventata all'idea di cambiare. Quello che è nuovo e diverso viene visto automaticamente come una minaccia alla propria esistenza di giocatore. Dato che i titoli più mainstream sono in qualche modo rotti, un giocatore, tipicamente il GM, deve impegnarsi a fondo per far girare il suo gioco e diventare bravo nel farlo. Acquisisce, con il tempo, uno status fittizio che non vuole perdere. Anzi, che ha il terrore di perdere. 

A tutto questo aggiungeteci la formazione di ambienti chiusi, locali ed orali, che si tramandano il gioco in maniera tribale e che ancora, profondamente, considerano l'avere un'ambientazione diversa come l'avere un gioco diverso (sarebbe come se nei boardgame Risiko normale e Risiko ambientato, che ne so, nell'età della pietra venissero considerati giochi diversissimi). Il sistema e il regolamento non sono contemplati, perché tanto per la mentalità comune il vero sistema è il Game Master. 

Anche i contest di gioco, da quelli nostrani a quelli internazionali, premiano il more of the same, perché, pensano, il nuovo sarebbe troppo spaventoso per l'utente medio cresciuto a pane e D&D (basta leggere l'intervista al presidente di giuria del Gioco di Ruolo dell'anno su GDR Time per farsene un'idea). Il risultato finale è un ambiente dove il ristagno culturale è all'ordine del giorno. Quando si è provato a proporre giochi diversi e idee diverse si sono generate guerre di religione, muri, ghetti. E così il gdr non evolve, oppure evolve con una lentezza disarmante. Giochi come Numenera vengono considerati innovativi, quando arrivano con un ritardo di 20 anni su moltissimi giochi indipendenti. Il nuovo esiste, lo abbiamo visto nei punti precedenti, ma viene snobbato e relegato nella nicchia di una nicchia. "Non scocciateci, lasciateci giocare come siamo abituati". Il ristagno appunto.

Questa mentalità decadente è il motivo principale per cui il gioco di ruolo perderà sempre punti rispetto ai giochi da tavolo (e perché i punti dall'1 al 4 ancora non sono applicabili al mercato mainstream). Se nel boardgame abbiamo un ambiente fresco che si mette in discussione e premia l'innovazione, qua siamo spaventati da tutto ciò che si allontana troppo dal modo tradizionale e ogni spinta verso l'innovazione viene stroncata o relegata nel buio, lontano dagli occhi e lontano dal cuore. Se c'è una cosa, una singola cosa, che i gdr dovrebbero disperatamente imparare dai giochi da tavolo è questa: non avere paura di cambiare, mettersi in discussione e premiare il nuovo. Tutto il resto poi verrà da se, ne sono sicuro. 

domenica 24 dicembre 2017

7 giochi di ruolo per chi di solito non gioca di ruolo

Buone feste gente.
Avete degli amici che volete iniziare a quella tremenda pratica chiamata "gioco di ruolo" ma non sapete che gioco proporre? Vi aspetta una serata noiosa che non sapete come animare e vorreste proporre un gdr? In questo articolo provo a proporvi 7 giochi che, per tematiche, regole, impostazione, semplicità e velocità di esecuzione, possono funzionare benissimo come entry-level per far avvicinare all'hobby chi solitamente se ne tiene a debita distanza. 

Tranne qualche d'uno, sono giochi molto poco nerd, molto poco classici e molto poco lunghi. Si tratta di titoli che potete tirare fuori e proporre durante una serata tra amici, o che potete spiegare in due minuti al vostro ragazzo/ragazza che pensa i giochi di ruolo siano solo cose da fare a letto (quelli continuate a farli, mi raccomando). Insomma, entry level, certo, ma anche giochi pensati per chi non è proprio un nerd fatto e finito e non vive solo di fantasy, draghi e dungeon. Titoli casual, veloci, magari possibili da imparare con facilità anche da parte di chi non ha mai preso in mano un gdr.



Il gusto del delitto

Lo trovate qui
Autore: Graham Walmsley
Master: no
Numero giocatori: 3-7
Durata: dalle 3 alle 5 ore
Preparazione: no
Traduzione italiana: sì

Inghilterra, inizi del '900. Un'enorme e ricca villa vittoriana, un gruppo di nobili riuniti a mangiare, giocare e passare il tempo, una serie di screzi e odi reciproci e, ovviamente, un morto ammazzato. 

Il gusto del delitto è un breve gioco di ruolo a tema giallo, ispirato tantissimo, come se già non si notasse dalla copertina, ai racconti gialli di Agatha Christie. Si tratta di un gioco di una sola sessione (dura 4 ore in media), dove nessuno dei giocatori vestirà il ruolo del game master. Ognuno infatti creerà uno dei nobili invitati o padroni di casa e ne porterà avanti gli obiettivi, i desideri e le paure. Il gioco si divide in scene, ognuna ambientata durante un'attività di alto borgo, come pranzi sontuosi, cene, equitazione, caccia alla volpe, partite a badminton e così via. In queste scene i vari giocatori potranno invitare in disparte uno degli altri personaggi, corrompendoli, accusandoli e tirando fuori altarini e scheletri nell'armadio. 

In questo modo, in base al numero di giocatori (più ce ne sono e più la partita si allunga), si arriverà a un momento in cui ci scapperà il morto. Nessuno decide chi muore e chi è l'assassino, bensì è un'operazione casuale. Ogni partecipante scrive su un bigliettino il nome del personaggio che vorrebbe vedere defunto, poi se ne pesca uno a caso dal mucchio. Il giocatore del personaggio che ci lascia le penne vestirà allora i panni dell'investigatore, che di scena in scena interrogherà i vari personaggi alla ricerca del colpevole. Ovviamente, anche l'assassino verrà scelto "a caso", in base alle scene effettuate e al risultato pregresso dei vari tiri di dado. Per come funziona il gioco, tutti i personaggi avranno un movente solido, quindi i risultati saranno sempre perfetti e interessanti. 

Consigliato: agli amanti del genere giallo, visto che ritroveranno il feeling e il tipo di storie tipiche di quei racconti. Chiaramente non è un gioco investigativo, perché non c'è niente di nascosto da scoprire, bensì un gioco che ha come scopo esplorare i personaggi, portare alla luce torbide storie e ricreare una storia in linea con il genere di riferimento. Se amate questo genere, quindi, vi piacerà di sicuro.

Lo consiglio anche a chi cerca un gioco di ruolo molto semplice da giocare quando si è in un numero superiore a quello tipico per un gdr, perché può essere proposto in serata e giocato velocemente senza bisogno di particolari difficoltà. Per come funziona, è davvero ideale per chi non ha mai giocato in vita sua, e dopo le iniziali titubanze, si rivelerà particolarmente facile. Per mia esperienza personale, dato che l'ho provato con totali neofiti, non hai mai deluso. 


Fiasco

Lo trovate qui
Autore: Jason Mornigstar
Master: no
Numero giocatori: 3-5
Durata: 3 ore circa
Preparazione: no
Traduzione italiana: si

Fiasco viene considerato da tantissimi come IL gioco introduttivo per eccellenza. In effetti, ha dalla sua alcune caratteristiche essenziali. Prima di tutto, ispirandosi a storie alla fratelli Cohen o alla Tarantino si propone ai meno nerd e agli appassionati di cinema; parla di storie di personaggi dai grandi appetiti ma dallo scarso controllo dei propri impulsi, che finiranno inevitabilmente a incasinarsi la vita e a combinare un macello. In secondo luogo, il suo regolamento semplicissimo e quasi freeform riesce a farlo digerire a chi non è abituato a tirare dadi, sommare bonus, nerdare interpretando elfi o nani. È di quei giochi che potete tirare fuori una sera e giocare, e infatti si risolve in 3-4 ore di gioco.  

Per come funziona non ha bisogno di alcuna preparazione, se non quella prevista dal gioco, da fare direttamente in partita. Il gioco infatti utilizza degli scenari, chiamati playset, che sono tematici e si rifanno ognuno a un particolare tipo di ambientazione o storia; nel manuale base trovate già quattro scenari molto belli, tra cui uno ambientato nel far west durante la corsa all'oro e uno ispiratissimo a Fargo, ma l'internet pullula di scenari gratuiti per ogni gusto e stagione (e in italiano trovate anche un'antologia di 13 scenari). Per creare la partita basta tirare i dadi, scegliere i legami e gli obiettivi dei personaggi rifacendosi alle proposte dello scenario (tutte in tema e quindi perfette), con tanto di luoghi e oggetti importanti che giocheranno un ruolo chiave nella vicenda. 

Trattandosi di un gioco senza master, ogni giocatore interpreta il proprio personaggio. A turno, ognuno ha diritto alla sua scena personale, dove il suo personaggio sarà il protagonista e gli altri giocheranno i personaggi non giocanti e in generale il mondo di gioco (nonché il loro protagonista, se è presente nella scena). All'inizio di una scena, il giocatore decide se impostare la scena, decidendo lui cosa giocare, oppure se decidere come si concluderà la scena. Ciò che non sceglie spetterà agli altri giocatori. Alla fine dei vari giri di scene, suddivisi in vari momenti tematici (primo atto, crisi, secondo atto, epilogo) dove potranno capitare avvenimenti imprevisti capaci di modificare pesantemente la storia, i giocatori avranno accumulato una serie di dadi dai diversi colori, che andranno tirati alla fine per determinare il finale di ogni singolo personaggio, di solito tragicamente comico o dannatamente privo di gioie. 

Consigliato: agli appassionati di cinema, che troveranno un regolamento semplicissimo per portare al tavolo storie complesse e profonde, un po' come quelle dei Cohen, di Tarantino o di film come Thelma & Louise o I soliti ignoti. Si giocano storie incasinate di personaggi perdenti e complessi, che possono andare dal cowboy in cerca di vendetta alla casalinga disperata che se la fa con il postino. Il suo regolamento freeform molto facile è abbastanza indicato anche per giocare con persone poco avvezze a questo tipo di giochi o, dopo aver scelto uno scenario adeguato, anche con i bambini. Alcuni importanti esponenti della community indie hanno proposto il gioco anche nelle scuole, con stupefacenti risultati.


Microscope

Lo trovate qui
Autore: Ben Robbins
Master: no
Numero giocatori: 2-6
Durata: da 1 ora a praticamente infinito
Preparazione: no
Traduzione italiana: no

Immaginate di sedervi a un tavolo con i vostri amici e decidere di creare un mondo immaginario, con i suoi eventi storici, i suoi eroi, le sue peculiarità e la sua geografia. Un "facciamo finta che..." espanso, dov'è possibile fantasticare sul destino di galassie lontane lontane o di paesini medievali sperduti nella nebbia del mito. 

Microscope è un gioco di ruolo frattale dove si giocano storie generazionali, tessendo una vera e propria cronologia di un mondo fittizio, dalla fantascienza più spinta al fantasy più classico, passando per qualsiasi cosa possa venirvi in mente. Si tratta di un titolo privo di master, dove, ad inizio partita, si decide il tema generale e ogni giocatore a turno inserisce elementi che vuole e non vuole vedere in gioco. Per esempio, se decidiamo di fare un fantasy, io che odio le razze classiche potrei mettere come paletto "no elfi, nani e razze classiche". 

A questo punto, sempre a turno, ogni giocatore può creare un periodo temporale, al cui interno lui o altri giocatori potranno inserire degli eventi, al cui interno, come una matrioska, potranno essere giocate delle scene. I periodi temporali sono cose tipo: "la guerra per l'anello", "l'epoca del transumanesimo", "rinascimento", vere e propri lassi di tempo caratterizzati da avvenimenti tematici importanti. All'inizio si setta anche un periodo iniziale e uno finale, tra i quali potranno essere inseriti altri periodi. Gli eventi sono, invece, particolari avvenimenti inscritti in un dato periodo storico, come per esempio "il primo uomo sulla Luna" all'interno del periodo "la corsa allo spazio". Le scene, infine, sono il vero momento "di ruolo" del gioco, dove ogni giocatore interpreta un personaggio e si gioca freeform per rispondere a una domanda posta da chi crea la scena. 

Va sottolineato che sia i periodi, che gli eventi che le scene possono essere creati in qualsiasi ordine, senza per forza seguire quello cronologico. Potete creare un evento sotto l'ultimo periodo e poi inserire un periodo appena dopo quello iniziale. Le possibilità di questo semplicissimo regolamento sono infinite, tanto che ho alle spalle partite bellissime dove abbiamo tirato fuori vere e proprie ambientazioni spaccaculi che ancora oggi mi lasciano parecchio soddisfatto.

Consigliato: a chi ha la passione per creare mondi fantastici e creare storie espanse, nonché ai boardgamers. Di solito è un gioco che piace tantissimo ai romanzieri, agli sceneggiatori e a chi in generale si diletta nello scrivere e inventare storie. C'è anche chi lo usa per creare ambientazioni da poi utilizzare con qualche altro gioco di ruolo, cosa che ho fatto pure io e che in generale funziona discretamente bene. A parte questo, è un gioco di una semplicità disarmante e così particolare e divertente da riuscire ad illuminare una serata di gioco in maniera indimenticabile.


Hell 4 Leather

Lo trovate qui
Autore: Joe Prince
Master: no
Numero giocatori: 3-6
Durata: una sessione da 2 ore
Preparazione: no
Traduzione italiana: sì

Immaginate una banda di tamarrissimi motociclisti satanisti. Fatto fatto? Bene, ora fate finta che il capo di questi gentiluomini venga assassinato dai suoi fedeli ma, come un Terminator che non voleva morire, riesca a fare un patto con Satana, a tornare nel nostro mondo e a ottenere una notte per vendicarsi di chi gli ha voltato le spalle. Le premesse ancora non vi stuzzicano?

Il gioco è snellissimo e sta tutto quanto in due fogli A4 molto agili con due alette pieghevoli. La meccanica principale utilizza un mazzo di tarocchi, ma non tutti quanti, solo i 22 Arcani Maggiori, che andranno a loro volta separati in determinati gruppi di carte. Le varie carte stanno lì a simboleggiare tanto i personaggi principali quanto accadimenti e scene particolari. I tarocchi, usati in questo modo, velocizzano il gioco e rendono la narrazione molto fluida e semplice a chi non è troppo abituato o magari non ritiene di avere molta fantasia.

Quello che viene fuori è un gioco spassoso e sanguinolento, con un'atmosfera esoterica marcata ma allo stesso tempo tamarra. Tutto il regolamento sta in 3 facciate, mentre nelle rimanenti trovate esempi di gioco, alternative alle regole e la copertina. È senza dubbio uno dei giochi introduttivi migliori ai quali riesca a pensare, sia per la semplicità e velocità del regolamento, sia per il suo aiutare e rendere profonda la narrazione. E poi sono due fogli A4, mica 300 pagine di manuale.

Consigliato: prima di tutto a chi interessa il tema; considerando però la sua natura profondamente tamarra, che rimanda a opere come Il Corvo, credo potrebbe piacere a un grosso numero di persone. Se avete un mazzo di tarocchi a casa e non sapete che farvene, ecco, potrebbe essere una buona idea. Il gioco costa 5 euro, quindi un pensierino lo si può sempre fare no? Segnalo inoltre che, sempre basato su un regolamento simile, e sempre dello stesso autore, esiste anche Hell 4 Z, dove si giocano sopravvissuti a un'apocalisse zombie. 


Psi*Run

Lo trovate qui
Autore: Meguey Baker
Master: sì
Numero giocatori: 3-5
Durata: una sessione da 3-4 ore
Preparazione: no
Traduzione italiana: sì


Vi siete appena risvegliati dopo un incidente. Voi, e altre persone spaventate come voi, siete riusciti a scappare da un mezzo di trasporto dentro il quale eravate rinchiusi e che per un incidente ora è inutilizzabile, e adesso avete davanti a voi la libertà. Non sapete chi siete e non ricordate perché vi trovate, ma persone pericolose vi danno la caccia. Tutto quello che sapete è che avete fantastici e spaventosi poteri, e che dovete fuggire. Di corsa. 

Uno dei giocatori, al tavolo, vestirà i panni del GM; in realtà i suoi poteri sono un po' diversi rispetto a quelli di un master classico, dato che il suo compito principale sarà più che altro gestire gli inseguitori (la cui natura spetta a lui decidere, dai classici men in black a, che ne so, alieni mutaforma incazzosi oppure cultisti). Gli altri giocatori interpreteranno ognuno uno dei fuggitivi. All'inizio del gioco si decide il proprio potere (va bene letteralmente qualsiasi cosa, ma più il potere può manifestarsi in modi assurdi e coreografici e meglio è) e si settano delle domande alle quali si risponderà lungo tutto il gioco. Le domande devono riferirsi al passato dei personaggi, dato che ognuno di essi soffre di amnesia e dovrà scoprire chi è. Le domande sono roba personale e possono anche essere cose come: "perché ho una pistola in tasca?" oppure "chi è ritratto con me nelle foto che ho appresso?"

Tutto il regolamento, semplicissimo, mette in scena una partita rocambolesca, dove i personaggi si muoveranno su una plancia che indica i luoghi dove si trovano e dove si trovano, a loro volta, gli avversari, che in base al risultato dei tiri potranno avvicinarsi pericolosamente. La meccanica dei tiri è uno degli aspetti più divertenti, visto che si tirano da 4 a 6 dadi per tiro e poi si suddividono i dadi tra i vari risultati possibili, ossia i rischi, che sono: obiettivo, rivelare, inseguimento, potere, danno. Mettere un brutto dado su inseguimento farà avvicinare gli inseguitori, mentre metterlo su potere farà manifestare il vostro potere in qualche modo distruttivo e pericoloso. Questa meccanica è davvero giocosa e si impara in fretta a maneggiarla, in modo da dover sempre pensare come gestire i dadi, avendo sempre di rimando delle scene al cardiopalma piene d'azione.

Il gioco finisce quando uno dei giocatori risponde a tutte le domande o se gli inseguitori ottengono quello che volevano. 

Consigliato: se vi piacciono le storie thriller oppure quelle con i superpoteri. Il gioco è effettivamente molto fumettoso, quindi un amante dei fumetti, specialmente quelli di supereroi, potrebbe apprezzare parecchio il tema e persino le meccaniche semplici ed eleganti. A livello di storie ricorda cose come Jumper, Seven Sisters, Heroes o Misfits, quindi anche un amante delle serie o dei film action potrebbe trovare pane per i suoi denti. Data la natura del gioco, potrebbe piacere anche agli appassionati boardgamers. 
L'unico problema che vedo è che potrebbe avere bisogno di un facilitatore leggermente più esperto. 



Kagematsu

Lo trovate qui
Autore: Danielle Lewon
Master: no
Numero giocatori: 3-6
Durata: una sessione da 3-5 ore
Preparazione: no
Traduzione italiana: sì


Giappone feudale, pieno periodo Sengoku. La guerra lacera l'impero e gli uomini dei villaggi sono chiamati a infoltire gli eserciti feudali. Le donne, i bambini e gli anziani sono gli unici che rimangono a mandare avanti le comunità, indifesi contro bande di predoni, eserciti o chissà quale altro scherzo del destino. Questa magra sorte è ciò che capita a uno di questi villaggi. Ormai disperati, gli abitanti pensano di essere pronti alla morte quando ecco arrivare un ronin, Kagematsu, che da solo potrebbe sconfiggere la minaccia. Ma Kagematsu non ne vuole sapere e tocca alle donne del villaggio convincerlo. 

In Kagematsu si gioca un ribaltamento di ruoli. Una giocatrice donna vestirà i panni di Kagematsu, e dovrà tenere la propria scheda segretamente dietro uno schermo, mentre tutti gli altri giocatori, (specialmente) uomini compresi, dovranno interpretare le donne del villaggio. Ogni donna ha una manciata di caratteristiche, ossia Innocenza e Fascino, più un'altra, la paura, che aumenta di scena in scena. 

A turno, ogni giocatore avrà occasione di parlare con Kagematsu e potrà (dovrà) provare a ottenere dal ronin un segno d'affetto, cose tipo "uno sguardo rubato", "un segreto rivelato", "un bacio", "un momento di passione" e così via. Alcuni segni d'affetto sono facili da ottenere, mentre altri sono difficili. Ovviamente, è richiesto ai giocatori di interpretare tutte le scene, così da calarsi davvero nel gioco amoroso. A complicare le cose, come detto prima, la giocatrice di Kagemasu ha una scheda segreta, dove assegna ai vari giocatori i punteggi d'amore e di pietà senza che essi possano davvero saperlo, esattamente come nella vita vera ci buttiamo nel buio tentanto di conquistare la persona che ci piace.

Alla fine del gioco, in base ai vari punteggi ottenuti, Kagematsu potrà decidere di aiutare o meno il villaggio; se decidesse di sfoderare la katana in difesa dei poveri abitanti, potrebbe persino lasciarci le penne. 

Consigliato: in realtà un po' a tutti, dato che lo reputo un gioco in grado di piacere anche a chi inizialmente se ne sente respinto. A parte questo, ho sentito molte persone, maschi e femmine, rimanere affascinati dal tema, di solito persone abbastanza lontane dalla cultura nerd e poco avvezze all'idea di giocare maghi, guerrieri o orchi. 


Community Radio

Lo trovate qui
Autore: Quinn Murphy
Master: sì
Numero giocatori: 3-10
Durata: da mezz'ora a un'ora e mezzo
Preparazione: no
Traduzione italiana: no

Gioco decisamente di nicchia e particolare, Community Radio ha tutte le carte in tavola per essere adatto come entry level. Parla di una strana e piccola comunità, dove accadono eventi particolari descritti dallo speaker della radio cittadina, piccola comunità da scegliere tra gli scenari già pronti (o da creare da zero come nuovo scenario). 

Uno dei giocatori interpreta proprio lo speaker, e dovrà impostare le varie scene narrando dei fatti assurdi e interessanti con notizie di cronaca, attualità o gossip. Per aiutare chi pecca d'inventiva, esiste una tabellina molto semplice che aiuta con spunti e idee. In tutto questo i giocatori restanti interpretano i membri della comunità, scelti tra quelli disponibili nello scenario, e decideranno se fanno parte del consiglio cittadino oppure no. Se ne fanno parte avranno il compito di emanare i decreti cittadini, assurdi tanto quanto è assurda la cittadina. 

I decreti vengono girati a testa in giù e mescolati, così che lo speaker possa prenderne uno a caso e leggerlo. Quando si imposta una scena si setta sempre un time di 2 minuti, durante i quali, seguendo tutte le regole per impostare una scena (che prevedono il pescaggio di vari elementi creati in fase di pitch iniziale). Alla fine di ogni giro di scene ogni giocatore aggiunge un ulteriore decreto cittadino ispirato alla scena appena giocata. Di solito usciranno fuori cose come: "agli alieni è vietato mangiare il cibo terrestre".

Consigliato: se avete un'oretta da spendere in un gioco folle e fuori di testa, dove si crea tutti assieme una comunità fuori dagli schemi e decisamente interessante. Si tratta di un gioco di una semplicità disarmante, perciò molto adatto sia a chi non ha mai giocato sia, visto il grande numero di giocatori supportati, a chi vuole proporre un gioco dopo una cena o durante un party tra amici. 


Per adesso i consigli si fermano qui. In realtà i giochi da consigliarvi sono ancora tantissimi, perciò aspettativi una seconda parte di quest'articolo con altri titoli interessanti. 

lunedì 4 dicembre 2017

Qualche consiglio per Master rubato ai giochi non tradizionali

Esistono online un numero incalcolabile di guide per essere bravi GM, con tanto di guru del momento che utilizzano frasi fatte e promettono video segreti per risolvere ogni problema (nella versione gdristica degli spot sull'allungamento del pene). In effetti, essere dei bravi GM non è facile, anzi. Il problema nasce da come vengono scritti e giocati i regolamenti, dato che moltissimi non spiegano affatto come approcciare il ruolo e un sacco di pratiche tribali rendono la cosa ancora più vaga, come fosse una questione esoterica e misteriosa. 

Esistono però anche giochi che indicano nero su bianco come fare il GM con quel regolamento: propongono una serie di buone pratiche, regole precise e azioni da fare o non fare per riuscire nel compito. Non sono solo consigli, ma vere e proprie regole da seguire per giocare bene con quel gioco, secondo l'idea che il sistema conti (system does matter, aspettatevi un articolo in merito) e che dietro non vi sia niente di esoterico o mistico. Chiunque, chi più chi meno, può essere un bravo GM se gli si danno gli strumenti e le giuste dritte. 

Quelle pratiche sono ovviamente pensate per funzionare all'interno dei loro rispettivi regolamenti, e non avrebbe troppo senso prelevarle e inserirle a forza in un ambiente regolistico differente. Quello che voglio fare con questo articolo, però, è proprio prendere qualcuna di queste pratiche e proporle per essere utilizzate all'interno di un generico gioco tradizionale, dove il GM non gioca contro i giocatori, gestisce il mondo e il ritmo del gioco e dove ogni giocatore porta avanti l'agenda del proprio personaggio. Sono pratiche molto generali, che provengono da uno o più giochi non tradizionali molto simili come approccio e apparenze a un classico tradizionale, e che quindi dovrebbero funzionare senza problemi, tanto da potervi tornare utili quando vi ritroverete dietro lo schermo del GM. 


1. Siate fan dei personaggi

Questa massima è spiegata in maniera colorita nel manuale di Dungeon World (e in generale in tutti i PbtA), quindi mi va di copia-incollarvi qui lo stralcio di testo in cui se ne parla: 
Pensa ai PG come ai protagonisti di una storia che potresti vedere in TV. Esulta per le loro vittorie e piangi per le loro sconfitte. Non sei qua per spingerli in una direzione o nell’altra, ma solamente per avere una parte nella fiction che tratta di loro e delle loro azioni.
Come GM dovreste avere a cuore il destino dei PG, ma ciò nonostante non dovreste giocare per salvarli. State a guardare cosa succede, non forzate le cose e accettate che essi possano perdere, ferirsi, morire e soffrire. Allo stesso modo, non dovreste giocare contro di loro in maniera sfidante, come foste degli avversari da battere, per bearvi quando riuscite a sconfiggerli; ho visto un sacco di GM tentare di mettere i bastoni tra le ruote ai personaggi, negando loro ogni successo e cavillando su ogni inezia. 

Voi siete i più grandi fan dei personaggi: tifate per loro, cercate di apprezzare ciò che rappresentano, i loro modi di fare, le loro abilità, le loro azioni. Agite sempre e comunque per mettere sotto i riflettori gli elementi che li rendono fighi; per farlo gettateli nei guai per poi gioire quando riusciranno ad uscirne, dando loro possibilità di brillare e di farsi valere. Tutte le difficoltà che metterete davanti al loro cammino sono li per fare in modo che essi possano raccontarsi e mostrarsi per come sono, non per compiacervi del vostro potere. 

E ancora, guardate le loro schede, segnatevi le cose che vi interessano e gli elementi particolari; se i giocatori hanno scelto determinate cose è perché vogliono vederle in gioco e sfruttarle, quindi fate in modo possano farlo. Uno dei personaggi ha come abilità alta conoscenze dei veleni? Bene, allora forse re Majory è stato ucciso con un veleno raro e serve qualcuno che lo conosca. Un altro personaggio ha deciso che deve trovare suo padre scomparso? Fate spuntare fuori questo padre da qualche parte, inseritelo nella campagna e vedete cosa succede. Il ranger del gruppo ha preso i non morti come nemici prescelti? Andate di zombie come se non ci fosse un domani. Ho visto master fregarsene di queste cose, e lasciare che i personaggi avessero abilità o tecniche inutili perché la loro campagna non lo prevedeva. Non fatelo mai. Costruite tutto attorno ai personaggi, non ne resterete delusi.


2. Imparate a gestire il framing delle scene

Avete presente quelle campagne dove praticamente ogni momento di gioco è giocato con la stessa minuzia? Non solo i momenti epici e interessanti, ma anche quelli morti. Intere sessioni sul nulla, in cui i personaggi fanno compere, stanno sulla poppa di una nave in viaggio senza che accada nulla oppure svolgono le azioni quotidiane nella monotonia. So bene che alcuni gruppi apprezzano questi momenti, ma a conti fatti spezzano il ritmo e non tutti gli appassionati sembrano goderne. 

Quelle che dovete imparare è il framing delle scene, quindi dovreste iniziare a pensare in termini di scene. Ma cos'è una scena? Una scena è un momento tematico, che ha un inizio e una fine, con un luogo, un tempo e dei personaggi precisi che ne fanno parte. All'interno delle scene si svolgono le azioni. Quando dite ai giocatori: "arrivate ai piedi dei Monti urlanti dopo ore di cammino. È notte fonda. Attorno a voi c'è una rada boscaglia e il silenzio è rotto solo dal canto dei gufi e delle cicale, unici altri esseri viventi oltre a voi. In alto, scorgete la luce di alcuni fuochi" state costruendo una scena. Avete detto dove ci si trova, quando tempo è passato, chi è presente e cosa sta succedendo. 

In quanto master spetta a voi impostare le scene, e questa operazione si chiama framing. Ma il framing non consiste solo nel dare il via a una scena, ma anche nel tagliarla quando è necessario. Tagliare la scena nel momento giusto può dare alle vostre partite un sacco di ritmo in più, evitando i momenti morti e potenziando invece quelli di tensione e di pathos. Prendete a mani basse dal cinema e dalle serie tv per capire come e quando tagliare, con in mente l'idea che una scena va chiusa quando ormai ha esaurito quello che doveva dire o in un momento di tensione estrema. Il party si è diviso e uno dei due gruppetti scopre una verità scioccante su un PNG? Bene, tagliate la scena su questo cliffhanger e passate all'altro gruppo. Il gruppo intero ha ottenuto informazioni da un informatore e lo congeda, sapendo che devono recarsi al bosco dei sussurri? Saltate subito al momento in cui arrivano al bosco. 

Il framing può essere molto blando e leggero, oppure aggressivo. Un PG decide di andare da Caio per fargli lo scalpo? Bene, la prossima scena inizierà in maniera energica con il PG che entra nella stanza dove sta Caio, senza altri momenti intermedi. In questo framing aggressivo abbiamo saltato tutto ciò che sta nel mezzo e siamo andati subito al dunque. Sta a voi ovviamente trovare il ritmo più congeniale alla vostra campagna e al gruppo in cui giocate, basterà solo un po' di rodaggio per capire come, dove e quando tagliare le scene. Quello che posso consigliarvi è imparare a non allungare mai troppo le scene quando i PG si dividono. State su ogni personaggio 5-10 minuti, poi tagliate e passate a un altro. Allo stesso modo, cercate di differenziare le scene anche quando tutto il party agisce assieme. Tagliate spesso e saltate i tempi morti.


3. Non fate gli sceneggiatori; lasciate spazi bianchi da scoprire

Non preparate tutto nei minimi particolari, perché non ha senso. Createvi un canovaccio molto semplice, qualche scena e abbiate chiari in mente gli obiettivi degli antagonisti e cosa succederà se questi non vengono fermati. Anche quando disegnate dungeon, mappe o pericoli, non decidete cosa c'è in ogni stanza o dietro ogni collina ma, anzi, lasciate spazi vuoti da riempire al volo quando necessario. Questo non solo vi farà risparmiare tempo, ma potrete rimodellare la vostra preparazione in base a come reagiscono i giocatori, senza bisogno di gettare tutto alle ortiche, avendo al contempo materiale molto più sul pezzo e utile in base alle evenienze. 

È davvero il modo migliore per evitare il railroading, ed è un approccio che funziona divinamente assieme ai punti 4 e 5 di questa lista di consigli. Come master non dovete essere maniaci del controllo, bensì giocate anche voi per scoprire cosa accadrà, perché gli spazi bianchi non riguardano solo luoghi e cose, ma anche la narrazione stessa delle vicende. Non scrivete una trama, abbiate solo in mente come potrebbero andare le cose se i PG non intervengono, decidendo gli obiettivi dei PNG importanti e delle minacce. Poi buttate tutto addosso ai giocatori e vedete come reagiscono a tutto questo. La loro reazione porterà ovviamente a delle reazioni da parte dei PNG e delle minacce, ed è così che si darà vita a una storia del tutto inaspettata che anche voi potrete godervi come "spettatore". 

Lord Morte vuole uccidere il re per impadronirsi del regno? Fate capire ai giocatori che il tempo stringe, descrivete le armate di scheletri che avanzano. Se non fanno niente per impedirlo allora Lord Morte conquisterà il regno, se invece agiscono... beh, è qui che viene il bello no?

La cosa migliore che potete fare è mettere davanti ai giocatori delle scelte. Ma delle scelte vere, che siano libere e non solo bivi bianco o nero o finte scelte dove solo un'opzione è quella valida. No, voi buttategli addosso verità scomode, minacce, problemi, prospettive allettanti con delle magagne o nuove possibilità e vedete come affrontano la cosa. Tutto ciò ce sceglieranno andrà bene, e dovrà portare a delle conseguenze, nel bene e nel male. Anche fregarsene ovviamente è una scelta, e avrà le sue dolorose ricadute. 


4. Fate domande, costruite sulle risposte

Non lasciate che tutto il peso creativo gravi sulle vostre spalle. Al tavolo con voi avete altre persone che possono aiutarvi e darvi spunti, quindi sfruttatele. Il modo migliore per farlo? Fare loro domande mirate su tutto ciò che vi serve e vi interessa. Se non sapete qualcosa o non avete idee fate una domanda ai giocatori, poi fate vostre le loro risposte e costruiteci sopra. Potete chiedere al mago del gruppo informazioni sulla magia nel mondo e all'hacker di una campagna a Cyberpunk indiscrezioni su altri hacker in città. A volte potete persino rigirare le domande che i giocatori fanno a voi. Per esempio, se il ladro del gruppo vi chiede se conosce qualcuno in città, voi rispondetegli: "non lo so, dimmelo tu. Conosci qualcuno? Chi?"

Chiaramente fate domande solo quando o avete idee o volete stupirvi o volete proprio che siano i giocatori a decidere quegli elementi. Cosa chiedere, quando farlo e quanto spetta solo a voi. Il controllo rimane saldamente nelle vostre mani. 

Questa tecnica è splendida per creare i personaggi direttamente in sessione, senza chiedere ai giocatori di stilare inutili e lunghissimi background. Fate domande su quello che hanno nella scheda, su chi sono, il loro passato, la loro classe, e modulate le domande in modo tale che rispondano a quesiti che trovate interessanti o vi servono per la sessione e la campagna. Potete continuare a fare domande anche in gioco, in qualsiasi momento vi servano informazioni sui personaggi e il loro passato. Inoltre, potete anche forzare un po' la mano ai giocatori con domande che inseriscono allo stesso tempo elementi o eventi. Per esempio: "guerriero, qualcuno ti ha tradito in passato. Chi è questo stronzo e perché lo ha fatto?", oppure: "quando entri in locanda vedi un tizio che conosci molto bene: chi è?". 

Queste tecniche ninja permettono di avere personaggi caratterizzatissimi con il minimo sforzo, e allo stesso momento vi dà elementi utili sui cui lavorare. Il punto cruciale del fare domande è, non scordatelo mai, ottenere informazioni da utilizzare attivamente in gioco. In questo modo i giocatori sentiranno la campagna un po' più loro e saranno più coinvolti nel gioco, e allo stesso momento voi lavorerete di meno. 

In tutto questo non dimenticate la domanda più importante di tutte: che cosa fai? Ogni volta che fate affermazioni e dite qualcosa come GM, poi lasciate la palla ai giocatori e chiedere loro cosa fanno. È il modo migliore per creare un flusso di gioco bello ritmato e incalzante.


5. Fate tirare solo quando interessante

Questo è uno dei consigli più importanti, perché aiuta parecchio il ritmo del gioco e rende le cose più interessanti e drammatiche al tavolo. Come GM siete voi a decidere quando e quali dadi tirare, quindi sfruttate questo potere per spingere la partita verso una narrazione più importante e interessante, dato che il momento del tiro del dado aggiunge un certo pathos al tavolo e demanda al caso chi vince e chi perde. Fate tirare i dadi soltanto quando il fallimento e la vittoria inseriscono o possono inserire risultati interessanti all'interno della narrazione. Se uno dei possibili risultati è: "non succede nulla", allora potreste voler evitare il tiro.

Dovreste adottare questa massima: se vincere o perdere comporta che non succede nulla, allora non è un tiro. 

Mi spiego meglio. Mettete che in una partita di D&D il ladro del party stia scassinando una porta blindata. Il giocatore tira il dado e... ora cosa succede? Mettiamo che riesce nel tiro e voi descrivete la porta che si apre su una stanza inutile e vuota o su un'altra porta da aprire. Il successo nel tiro si è risolto in un nulla di fatto nella narrazione, perciò, chiedetevi, aveva davvero senso fare tirare? Non sarebbe stato più interessante e rapido far aprire la porta senza passare per il dado? Lo stesso discorso vale ovviamente per il fallimento. Se quello che si ottiene fallendo è un "non succede nulla", allora il gioco si blocca e si è tirato per nessun motivo sensato. Invece cosa succederebbe se voi faceste tirare solo quando il fallimento comportasse effettivamente qualcosa di interessante? Il ladro scassina la porta, ma il suo vero obiettivo è scassinare la porta evitando le trappole, non solo aprirla. Quindi magari con un fallimento la porta si apre, ma le trappole scattano.

Una buona idea è quella di utilizzare, oltre alla massima, anche due accorgimenti, che possono lavorare spaiati o in coppia. Il primo è di chiedere ai giocatori cosa vogliono ottenere, in modo da far tirare per l'ottenimento di un obiettivo. Perché vuoi scalare la rupe? Per arrivare in cima prima che faccia notte. Bene, tira, se vinci arrivi prima che cali il buio, se fallisci purtroppo le tenebre ti sorprenderanno. Questa tecnica non solo è semplicissima, ma permette ai giocatori di avere un po' più di controllo, rende il gioco più pulito e impedisce che le cose si blocchino.

L'altro accorgimento si chiama fail forward ed è l'inserimento di una complicazione in caso di fallimento. Il fail forward non implica che un fallimento significhi non riuscire nel proprio compito; anzi, si potrebbe riuscire, ma nonostante questo le cose si complicano. Volevi sapere cosa ricordi sul fuoco di drago? Tira su conoscenze, con un fallimento probabilmente ricordi qualcosa, ma quel qualcosa sarà brutto oppure mentre lo ricordi succede qualcosa di imprevisto. Il fail forward serve per non lasciare che le cose ristagnino, e aggiunge un sacco di ritmo sia in giocate avventurose e action sin in quelle investigative o più intime.



6. Dite e fate sempre ciò che sincerità e trasparenza richiedono

Non mentite mai ai giocatori. Mai. Siate sempre sinceri e puliti in ogni vostra azione e affermazione, cercando di rendere chiare ai giocatori le conseguenze delle loro azioni. Può sembrare un principio stringente, ma in realtà crea fiducia al tavolo e permette ai giocatori di giocare più tranquilli. Se non temono che voi possiate fregarli in qualsiasi momento, allora metteranno molto più cuore in quello che fanno, andranno avanti senza temere coltellate alle spalle e il loro agire sarà più attivo e propositivo. Se devono temere qualcosa sono le difficoltà che metterete loro davanti, non le bastardate che potreste rifilargli nel didietro se non stanno attenti. Voi non volete che agiscano sulla difensiva come un cane che teme di essere bastonato dal padrone. Quello che volete davvero è che facciano cose, agiscano, si buttino nella mischia con coraggio. 

Chiarezza e trasparenza prima di tutto, quindi. Se un personaggio sta per fare una cazzata, voi ditegli le conseguenze e poi chiedetegli se vuole ancora farlo. Secondo questa logica, se vi dice che si butta fuori dalla finestra e si dimentica di dirvi che la apre, non fate gli stronzi e non fatelo schiantare contro il vetro. Date per scontato l'abbia aperta, perché ricordatevi che per il punto 1 voi siete li per essere il suo più grande fan. Non fategli fare figure imbecilli per disattenzioni o informazioni che non gli avete dato. 

E ancora... se il giocatore vi fa una domanda, dategli una risposta sincera, specialmente se c'è un tiro di mezzo. Evitate risposte come: "ti sembra tutto tranquillo" come risposta a un tiro su osservare fallito per vedere se ci sono degli avversari che sapete essere nascosti nell'ombra pronti a colpire. Seguite il punto 5 di questa lista, ditegli al massimo che vede i nemici troppo tardi per agire e si becca una freccia. Evitate le bugie in qualsiasi modo, e se potete anche le mezze verità. Quindi, la prossima volta che su in tiro di conoscenze volete dire al mago il punto debole sbagliato del mostro di turno, evitate; dategli al massimo una verità scomoda con cui giostrarsi, del tipo che "non ha punti deboli".

Ovviamente, questo comporta non dobbiate mai barare sui dadi. Tirate allo scoperto e abbracciate il punto 5, in modo che un fallimento non blocchi la storia o crei scene imbecilli. 



Spero che tutto questo cianciare vi sia stato utile, in qualche modo. Posso capire anche come alcuni consigli possano apparire strambi o addirittura pericolosi, ma vi assicuro che, se utilizzati tutti assieme, possono trasformare le vostre partite (ricordate, il sistema usato conta, e queste pratiche ricadono nell'ambito del sistema) e, chissà, farvi apparire come un master "illuminato" agli occhi dei vostri giocatori, quando in realtà non state che applicando pratiche scritte nero su bianco da alcuni strani giochini non tradizionali. 

domenica 19 novembre 2017

Le Notti di Nibiru: un'analisi tecnica

Ciancio alle bande, quest'oggi ospito un articolo del mio amico Edoardo, che vuole parlavi di un gioco a detta sua validissimo e pieno di ottimi spunti di design. Il gioco in questione è Le Notti di Nibiru, di quei figaccioni di Acchiappasogni. Vi lascio dunque all'articolo, buona lettura.



Ciao a tutti, sono Edoardo. 
So già che avete un sacco di domande: “Chi sei tu? Un’altra recensione de Le Notti di Nibiru!? Dov’è Luca, ridaccelo!”. Non preoccupatevi, intendo rispondere a tutte le vostre domande in questo preambolo.

Solitamente potete trovare i miei deliri riguardo al gioco su Storie di Ruolo, blog dove tra gli altri potete trovare Daniele Fusetto, uno dei due autori de Le Notti di Nibiru - il mio coinvolgimento (con il gioco, n.d.r.) invece si è limitato ad un intenso betatesting unito ad un più occasionale supporto morale. Il gioco è attualmente preordinabile tramite GameBooster e in giro potete già trovare recensioni molto buone (segnalo su tutti la recensione di Cronache del Gatto sul Fuoco) , ma nessuna di queste offre una disamina tecnica del gioco nei suoi componenti: è un vero peccato, perché il regolamento di gioco racchiude in sé molti elementi di design che lo fanno discostare parecchio da un gioco tradizionale. 

Ho deciso di provare a parlarvene io, non senza prima essermi assicurato la collaborazione di qualcuno che mi aiutasse ad andare sul tecnico senza scivoloni: Luca nella scrittura di questo articolo mi sta metaforicamente alle spalle, pronto a prendermi a ceffoni nel caso scrivessi castronerie.

Di cosa parla Le Notti di Nibiru?

A beneficio di consultazione, ecco un breve stralcio di presentazione del gioco:
Il mondo di Nibiru è ostile, cangiante, sempre in evoluzione. La sua particolare posizione  nel sistema solare in cui orbita lo porta ad avere dodici mesi di buio e tre mesi di luce; tramonto e alba possono durare anche un intero mese. I nibirunensi sono solo apparentemente gli umani di un tempo, giacché la prolungata residenza sul pianeta li ha fatti evolvere: alcuni durante le Notti si addormentano e la loro anima levita sui loro corpi (i Dormienti). I giocatori interpretano i tonalisti, protettori delle Edsi e anche dei Dormienti, coloro che durante le Notti sono sensibili al Letargo sovrannaturale (Mifuni). Dopo essersi addestrati in particolari Accademie a gestire i loro poteri, che funzionano tramite una serie di gesti che piegano l'atmosfera del pianeta, i Tonalisti possono diventare guerrieri ed esploratori oppure cercare un lavoro più mite, benché siano sprecati per la vita cittadina.
Le Notti di Nibiru parla quindi di un’umanità in un mondo ostile e sconosciuto e dei suoi sforzi per scoprire e sopravvivere. Si tratta di una focalizzazione effettivamente molto ampia, che permette di includere o escludere a proprio piacimento gli elementi tematici offerti dall’ambientazione. 

Le tematiche di una partita finiscono però per essere molto più focalizzate di così. Al Narratore infatti vengono fornite delle procedure di creazione della partita che permettono di rendere centrale un certo elemento del setting assieme alla sua tematica - il Segreto - in contrapposizione ai contributi di worldbuilding dei Giocatori - le Tradizioni (parlerò più approfonditamente dei Segreti e delle Tradizioni nei paragrafi dedicati alle procedure del Narratore e all’autorità dei giocatori della prossima sezione).
Gli Intenti dei Designer

Ritengo che il regolamento meccanico del gioco, Destino Oscuro 2, sia stato concepito con il preciso intento di favorire i contributi in fiction dei Giocatori, agevolando la loro immedesimazione con il loro Personaggio. La procedura che permette di giocare il regolamento in maniera fiction first (ancora, trattata più in dettaglio nella prossima sezione) dà sicuramente il meglio se i Giocatori hanno un approccio attoriale (mi riferisco, qui, alla actor stance individuata da Edwards in Sorcerer. Qui se volete approfondire ), approccio che il gioco favorisce in modo coeso con più elementi, come ad esempio una definizione di Obiettivi personali per il Personaggio, o ancora la presenza di meccaniche dedicate a rappresentare la sua bussola morale.
Tutte le illustrazioni presenti in questo articolo provengono dal manuale del
gioco e pertanto sono di proprietà di Acchiappasogni.


Elementi di Design Moderno


Fiction First e Conflict Resolution
Le procedure per impostare il tiro di dado possono essere così riassunte:
Il Giocatore descrive l’azione che intende intraprendere e che risultato vuole ottenere. Dalla descrizione, il Narratore decide su qualche coppia di Caratteristica+Abilità viene eseguito il tiro [...]
La procedura, di per sé, non si discosta molto da come vengono approcciati molti giochi tradizionali e immagino che farà storcere il naso a qualche lettore: io per primo ho storto il naso, quando ho letto il gioco la prima volta.

Il regolamento può sembrare quasi coercitivo nei confronti del giocatore e, talvolta,il Narratore è costretto a chiedere ai Giocatori di espandere le proprie descrizioni. Di fatto, però, funziona: i giocatori hanno una spinta continua a dare contributi interessanti in fiction, finendo spesso per acquisire una autorità sulla narrazione più ampia rispetto a quella cui sono abituati (nel gioco non si parla esplicitamente di autorità, credo volutamente).

Parallelamente, il sistema di esperienza garantisce una certa diversità di contributi: si può infatti “prendere esperienza” con una Caratteristica o Abilità solo una volta per scena. Questo si vede particolarmente nelle scene di combattimento (si usa un sottosistema con Tecniche e Punti Ferita, ma la procedura di tiro rimane la stessa) dove questo meccanismo si traduce in scontri estremamente dinamici e variegati.

Come avrete notato, la procedura richiede esplicitamente di dichiarare il proprio obiettivo durante il tiro. Anche questa è una parte fondamentale:
[...] In base al risultato desiderato, il Narratore può decidere se conferire al tiro uno o più Dadi Pericolo in base alla situazione attuale. Il Giocatore può a sua volta utilizzare le Risorse della sua scheda (Tratti, Peculiarità, Capacità Tonali) per ottenere Dadi Bonus.
Abbiamo quindi una procedura che necessita, in senso stretto, di fiction first e conflict resolution. Non nascondo che questo, nelle occasioni in cui mi è capitato di fare dei blind-test nei panni di Narratore, può essere fonte di problemi: ho avuto infatti qualche giocatore abbastanza spaesato da questo investimento di responsabilità riguardanti i contributi in fiction. Ritengo questo un punto focale nel design del gioco: le autorità di Giocatori e Narratori sono classiche, ma il regolamento concentra i suoi sforzi nel rendere rilevanti (e non circostanziali) i contributi dei Giocatori.

Le procedure legate al tiro terminano in modo più classico, con la descrizione del risultato in carico al Narratore. Vale la pena di menzionare la possibilità di gestire i risultati parziali sia con il classico fail forward, sia con una meccanica che viene chiamata Ingegnarsi: il tiro ha dei bonus se uno dei Giocatori tenta di perseguire lo stesso risultato cambiando però approccio all’azione e, di conseguenza, la coppia di Statistiche su cui tirare.

Autorità e Procedure per la Creazione
Parte del worldbuilding di Nibiru è già completa e ruota attorno ai cosiddetti Pilastri, concetti fondamentali che definiscono la struttura del setting. 

I contributi dei Giocatori vengono chiamate Tradizioni. In questa categoria ricade un po’ di tutto, sia elementi della Scheda del Personaggio (come il Background e i suoi Obiettivi), sia i suoi contributi diretti in fiction (una delle direttive per il Narratore è, infatti, che domandare ai propri giocatori è preferibile che decidere in autonomia). I contributi non sono lasciati liberi, ma vengono incanalati da un Paradigma di 4 domande che stabilisce se qualcosa sia o meno adatto ad essere inserito nel setting. Pur non trattandosi di una direzione tematica, ma essenzialmente di colore, nelle mie partite è risultato un ottimo compromesso per rinforzare il contratto sociale al tavolo. 

Al Narratore è demandato di unire i Pilastri e le Tradizioni attorno ad un Segreto, cioè un elemento peculiare dell’ambientazione che i Personaggi andranno ad esplorare durante l’arco narrativo. Il manuale fornisce sia una serie di Segreti già pronti con tanto di esempi, sia uno strumento per crearsene di propri - lo stesso Paradigma che regola le Tradizioni dei giocatori. I Segreti sul manuale sono di quanto più si avvicina alle “avventure preconfezionate” per Le Notti di Nibiru; tuttavia, l’esperienza di gioco vera e propria emerge dalle commistioni ed interazioni tra le Tradizioni del il Segreto: il percorso che congiunge quello che i Personaggi sanno e credono a ciò che veramente è rappresenta il nocciolo attorno a cui il gioco è veramente focalizzato.


Cos’è quindi Le Notti di Nibiru?

Nibiru è un gioco che ha un sapore di un gioco tradizionale estremamente svecchiato. 
La scheda del Personaggio è discretamente complessa, caratteristicacomplessità giustificata dal fatto che la creazione di un PG comprende un ’implicito worldbuilding. Il sistema di combattimento, che adotta i Simboli già sviluppati in Musha Shugyo, è decisamente all’altezza delle più alte pretese di flessibilità e gamismo.

Il ruolo del Narratore non si discosta tremendamente, in un’ottica di autorità, da quella del GM
tradizionale: si tratta tuttavia di un ruolo che viene supportato da meccaniche e procedure che il manuale prescrive in modo diretto. Consapevoli che il gioco si presta al rischio di essere giocato con la cosiddetta regola zero, nella parte del Narratore svetta un paragrafo in cui si spiega come non ci si può aspettare che il gioco funzioni se non si seguono le regole esposte. 

Questa disamina teorica giunge ad una conclusione senza rispondere alla vera domanda, Perché dovrei giocare a Le Notti di Nibiru? Ma del resto sono vere due cose: una disamina di game design non potrà mai, se mantenuta a questo livello, rispondere davvero ad una domanda sulla play experience in modo esaustivo; ancora una volta il gioco ci viene incontro, dal momento che per rispondere ci basta parafrasare il Paradigma di Nibiru:
  • Giocate a Le Notti di Nibiru se volete vivere atmosfere oniriche o incubesche;
  • Giocate a Le Notti di Nibiru se volete una scienza dimenticata e misteriosa;
  • Giocate a Le Notti di Nibiru se volete grandi misteri da scoprire ed enigmi da decifrare;
  • Giocate a Le Notti di Nibiru se volete conflitti, ostacoli e combattimenti emozionanti.
Per questa volta penso sia tutto.
A presto, su questo o altri lidi,
Edoardo