martedì 30 agosto 2016

Le più importanti regole di ogni gioco di ruolo

Questo è un articolo di teoria dedicato specificatamente a chi vuole fare game design. Tutte le cose che scrivo qui dentro non vi servono se volete solo giocare, però se volete comunque leggere l'articolo, prego. Spero possa essere interessante anche per voi. 

Avete familiarità con il concetto di minimalismo? È quel tipo di design che lavora per eliminazione, togliendo tutto ciò che non serve per arrivare alle strutture elementari dell'oggetto che si sta "disegnando", il suo minimo comun denominatore. 

Ora, cosa succede se a un gioco di ruolo qualsiasi togliamo tutte le regole e gli orpelli, mantenendo solamente le sue strutture elementari, quelle senza le quali non esisterebbe come gioco di ruolo? Otterremmo le regole base di ogni gioco di ruolo, quelle fondamentali. Quelle senza le quali il gioco di ruolo semplicemente non funzionerebbe. 

Le regole che ci dicono chi può dire cosa e quando
Una sessione di D&D da "The Big Bang Theory"
Lo so che sembra assurdo, ma OGNI gioco di ruolo che funziona ha queste regole. Ogni gioco che funziona, letteralmente. Sia che le abbia scritte nel manuale, sia che vengano inserite nel sistema direttamente dai giocatori (per sistema si intendono le regole effettivamente usate al tavolo, che possono coincidere o meno con le regole scritte nel manuale). Quando queste regole non ci sono, sono fumose oppure non vengono usate, il gioco non funziona o funziona male. Ma perché? 

Come detto altre volte, i giochi di ruolo sono giochi di narrazione, poiché esistono nel momento in cui viene creato uno spazio immaginato condiviso, e questo spazio si ottiene narrando e descrivendo. Anche se ne ho parlato più volte, non darò per scontato questo concetto. Lo spazio immaginato condiviso è l'insieme di tutti gli elementi della narrazione: il vostro personaggio, cosa sa fare, com'è fatto e cosa sta facendo, cosa c'è attorno a lui e cosa sta succedendo. Questo spazio immaginato condiviso si crea solamente narrando, quindi se dico che la parete della chiesa sta crollando sopra la testa del vostro personaggio, sto sia narrando qualcosa, sia modificando e creando lo spazio immaginato condiviso.

Spazio immaginato, quindi, ma specialmente, condiviso.
Non dobbiamo mai dimenticare che un gioco di ruolo è, oltre che un gioco di narrazione, anche un'attività sociale, dove due o più giocatori si relazionano tra di loro. La relazione specifica avviene, non tanto attraverso lanci di dado o pescaggi di carte, ma attraverso la conversazione, dove ogni giocatore dice qualcosa e poi passa la parola (volontariamente o per effetto di qualche regola) a un altro giocatore. Per essere ordinata, coerente e andare verso una direzione precisa, una conversazione ha bisogno di regole, altrimenti deraglia oppure si conclude in malo modo. Quando tutti accettiamo le stesse regole, ecco che tutti al tavolo siamo connessi sulla stessa lunghezza d'onda. Più specificatamente, le regole che gestiscono la conversazione permettono che da questa esca fuori uno spazio immaginato conosciuto e accettato da tutti, quindi condiviso.

Per questo motivo le regole che specificano chi può dire cosa e quando sono fondamentali. Ci diceono infatti chi può modificare lo spazio immaginato condiviso, come e quando, e dato che lo spazio immaginato condiviso è la linfa vitale del gioco di ruolo, questa regola è il cuore che pompa la linfa e le permette di scorrere. 

Per esempio, mettiamo che si giochi tutti quanti a Dungeons & Dragons (edizione a vostra scelta), con me medesimo come Dungeon Master. A un certo punto, in un momento di gioco avanzato, il giocatore del chierico se ne esce fuori dicendo che nella stanza del dungeon vattelappesca dove il gruppo è appena arrivato c'è un forziere pieno di monete d'oro, e il suo personaggio ci si butta dentro a capofitto. Sono pronto a scommettere che voi tutti lo incenerireste con lo sguardo oppure vi mettereste a ridere spronandolo a smetterla di dire cazzate. Le regole base di D&D ci dicono che non spetta a lui inserire quell'elemento, ma a me, che sono il DM; il discorso vale anche al contrario, per cui io che sono il DM non posso decidere quali magie lancia il chierico. Sono le regole a sancire questa divisione di competenze. In caso contrario, se tutti inserissimo elementi come ci pare e piace, sarebbe il caos, e lo spazio immaginato condiviso uscirebbe fuori una schifezza. Certo, potremmo decidere di ignorare gli apporti degli altri, ma senza un base concreta su cui farlo lo spazio immaginato condiviso, beh, smetterebbe di essere condiviso 

Facciamo finta che le regole per gestire la conversazione non esistano. Io dico che appare un drago verde alto 20 metri. Tizio dice che il drago in realtà è un topo rosa di 20 centimetri. Per Caio invece i draghi sono tre, tutti viola e grandi 700 metri l'uno. Sempronio invece se ne frega e fa finta che nessuno abbia parlato di draghi o topi. Un bel casino, eh? Appare logico quindi che decidere chi può dire cosa e quando, e quindi dire cosa sia vero nello spazio immaginato condiviso, sia fondamentale. 
Vin Diesel è un grande appassionato di D&D. Se le regole non dicessero chiaramente chi può dire cosa e quando, state certi che nessuno gli direbbe "no Vin, è meglio che non dici quella cosa". La regola dei muscoli.

Le autorità narrative

Ma quindi in che modo i giochi decidono chi può dire cosa e quando? Per capirlo è necessario avere consapevolezza di quelle che sono chiamate "autorità narrative", che sono tantissime quanti sono gli elementi della narrazione (per esempio, un giocatore potrebbe avere voce in capitolo su tutto ciò che riguarda l'amore), ma che a ben vedere possono essere raggruppate e schematizzate; io vi propongo uno schema che trovo particolarmente comodo, lo stesso del Big Model, probabilmente uno dei tanti possibili.
  • Autorità sulla situazione: chi decide quali elementi e personaggi sono presenti in scena e cosa sta succedendo a inizio scena. Quante ore sono passate da quando abbiamo lasciato Neverwinter? Sta piovendo? Dove arriviamo ci sono degli orchi? Com'è fatta la taverna? In D&D quest'autorità è saldamente nelle mani del Dungeon Master, mentre altri giochi la distribuiscono in maniera differente. 
  • Autorità sul contenuto: chi decide il contenuto degli elementi della fiction, ossia la backstory. Chi si cela dietro la maschera del Professor Destino? Chi ha ucciso Laura Palmer? Da chi è stato distrutto secoli fa il tempio dello scorpione? Qual è il punto debole del Ricciocorno Schiattoso? In D&D e altri giochi classici questa autorità è pienamente nelle mani del Dungeon Master, anche se in linea di massima ogni giocatore ha autorità sulla storia passata del suo pg. Altri giochi distribuiscono quest'autorità in maniera differente. 
  • Autorità sulla trama: chi decide quando viene rivelato il contenuto della fiction, ossia l'autorità sui punti nodali della storia, sulle rivelazioni e su ciò che cambia il corso degli eventi. Chi decide, per esempio, che al Professor Destino viene strappata la maschera e quindi tutti vedono il suo volto, oppure chi decide che arriva una mandria inferocita di goblin. Storicamente, giochi come D&D danno questa autorità saldamente nelle mani del Dungeon Master, ma altri giochi la distribuiscono in maniera differente. 
  • Autorità sulla narrazione: chi descrive gli eventi e come si muovono i vari elementi dello spazio immaginato condiviso; In giochi come D&D quest'autorità è nelle mani del Dungeon Master, ma solitamente sono i giocatori che decidono quello che fanno i loro personaggi. Altri giochi distribuiscono quest'autorità in maniera differente. 
Una sessione di D&D da "The It Crowd"

Qualche esempio 

Per capire ancora meglio quanto siano importanti le regole che ci dicono chi può dire cosa e quando, e quanto possano essere varie e cambiare il feeling di una giocata, mi va di fare qualche esempio.

Il primo è legato a una partita di Trollbabe. In Trollbabe ogni conflitto ha una posta e vincere il conflitto significa ottenere quella posta. Il gioco mette subito chiaro chi è che deve narrare gli esiti di ogni conflitto: se a vincere è il giocatore, allora il narratore è il GM; se invece il giocatore perde, è lui stesso a narrare in che modo non ottiene la posta. Può sembrare banale, ma questo approccio permette di avere storie dal sapore epico, perché il giocatore tenderà a narrare la sua sconfitta in maniera poco pesante. Questo approccio permette anche di giocare in maniera sapiente con la narrazione, poiché narrare una sconfitta in un certo modo potrebbe portare benefici per l'azione futura.

Un esempio molto figo ci viene offerto da On Mighty Thews. In questo gioco sword & sorcery che ha la classica suddivisione tra giocatori e GM, in base al numero di successi ottenuti durante i tiri i giocatori possono aggiungere fatti nella narrazione. I fatti devono ovviamente essere legati al contesto del tiro effettuato, ma a parte questo possono essere qualsiasi cosa abbia senso. Un giocatore che spende successi per inserire uno o più fatti può dire che uno dei tagliagole fugge spaventato, oppure che l'antica divinità sepolta si sveglia, oppure che il misterioso figuro si toglie la maschera e rivela di essere il figlio del duca. I giocatori letteralmente pagano la possibilità di poter avere determinate autorità narrative, che altrimenti sarebbero di competenza del GM, e tutto questo avviene in maniera regolamentata e chiara. Una volta che ci si prende la mano si capisce che inserire fatti non è solo colore, ma permette di portare la storia verso le coordinate desiderate. Ci vuole solo un po' di abilità.

Un altro esempio che mi viene subito in mente è su Dungeon World. In DW, proprio come in Apocalypse World, la suddivisione delle autorità non è molto dissimile da quella di Dungeons & Dragons, ma con una trasparenza maggiore. Il GM di DW ha, tra i vari compiti, quello di fare domande ai giocatori e costruire sulle risposte, e queste domande possono essere inerenti alla backstory, ossia al contenuto (autorità saldamente nelle mani del GM). Una delle domande che mi capita di fare spesso quando gioco come GM a Dungeon World, ma anche a molti altri Powered by the Apocalypse, è relativa a png introdotti da me. Mi rivolgo a uno dei giocatori e gli dico: "appare questo nuovo png, è fatto così e cosà. Lo conosci, chi è?". Con questa domanda sto momentaneamente dando a lui l'autorità sul contenuto. Ovviamente, questo passaggio di staffetta è deciso dal GM.
Polaris

Un esempio ancora migliore, a mio avviso, è Polaris. Si tratta di un gioco senza master in cui si raccontano tragedie cavalleresche in un regno ghiacciato fuori dal tempo. Tutta la sua impostazione è basata sul dire chiaramente chi può dire cosa e quando. Ogni giocatore crea un personaggio, che è il suo personaggio giocante, su cui ha piena autorità e di cui è il Cuore, e designa gli altri giocatori al tavolo come Errore e lune, in base alla posizione in cui sono seduti rispetto a lui. Quando tocca a lui impostare una scena, gioca come cuore del suo personaggio mentre gli altri giocatori hanno ruoli diversi: l'Errore interpreta tutte le avversità, la Luna Nuova le relazioni emotive, la Luna Piena le relazioni professionali. Questi ruoli variano a rotazione, in base a chi in quel momento sta giocando come Cuore.

Non è finita qua. In Polaris il Cuore imposta la sua scena, utilizzando l'autorità sulla situazione. Inoltre, i conflitti funzionano in maniera singolare. Chiunque, finché rimane all'interno delle sfere di competenza, ha autorità narrativa su contenuto, plot e narrazione, ma gli altri giocatori possono opporsi utilizzando delle frasi rituali, in modo da cancellare o far riformulare le ultime cose narrate. Questo permette di indirizzare la narrazione verso le coordinate desiderate.   

Non tutti gli esempi sono positivi. Ci sono giochi che tendono a non specificare molto chi deve dire cosa e quando. In questi casi le possibilità sono due: o il gruppo di gioco aggiusta l'errore direttamente giocando, oppure la partita risulta fiacca e faticosa. Mi è capitato di recente con Fellowship, gioco powered by the apocalypse ispirato alla Compagnia dell'anello, che presuppone più poteri narrativi in mano ai giocatori, ma che spesso e volentieri non aiuta in alcun modo a indirizzare la conversazione al tavolo. Ci si ritrova spesso privi di veri strumenti per far accadere qualcosa, con i giocatori che aspettano che il GM dica cose e il GM che aspetta che i giocatori facciano cose, ed è un peccato, perché sulla carta il gioco sembrava interessante.

Le più importanti regole di ogni gioco di ruolo

Quando scrivete un gioco, la cosa migliore che potete fare è avere sempre chiari i ruoli dei giocatori; scrivete nero su bianco chi può dire cosa e quando, in modo da indirizzare la conversazione al tavolo verso l'obiettivo del vostro gioco. Ovviamente, tutti i giochi che lo fanno non si mettono a scrivere: "il giocatore A ha autorità sulla situazione", ma fanno passare gli stessi concetti in maniera più indiretta e rilassata, magari scrivendo: "se spendi tot punti puoi aggiungere questo e quest'altro" o cose simili. 

Quello che vorrei fosse chiaro è che le regole che specificano chi può dire cosa e quando sono il cuore stesso di ogni gioco di ruolo, ma un cuore mutevole, che può cambiare in base a come il designer ha deciso di strutturarlo. Non esistono modi migliori in assoluto per farlo, ma solo in base a ciò che vi prefiggete di fare. Il modo migliore di approcciare questo argomento è non avere idee preconcette e provare molti giochi che utilizzano le regole della narrazione in maniera particolare o nuova. Solo così sarà possibile avere un quadro un po' più completo e fare design con più libertà.  

giovedì 25 agosto 2016

7 gdr storici che protrebbero interessarvi

Esattamente come molti di voi, sono sempre stato un appassionato di storia e mi sono sempre trovato bene nello studiarla. Mi intrigano sia l'archeologia che la storiografia più stretta, e ho sempre trovato affascinante immaginare come deve essere stato vivere in certe epoche storiche. I romanzi e i film storici, poi, hanno sempre sortito un certo fascino su di me.

Ma sono anche un patito di gdr, ed entrando nell'ambito dell'hobby ecco subito i primi problemi. I gdr storici si contano sulla punta delle dita di un monco. Il mondo dei gdr è pieno di fantasy, horror, post-apocalittici e fantascientifici avventurosi, ma quando si calca il palcoscenico della storia, da quella con la "S" maiuscola a quella con la "s" minuscola, ecco, il nulla. Sembra di stare in un set western con la solita sterpaglia che rotola nella strada deserta. Gli unici gdr con un setting storico sono quasi sempre annaffiati di inserti fantastici o fantascientifici, oppure presentano il classico approccio del "party che fanno quest". 

Per trovare qualche ottimo gdr storico, a parte qualche titolo datato, bisogna armarsi di pazienza e spulciare il panorama indie (inteso come piccole produzioni spesso amatoriali e non come movimento). Anche li è difficile trovare qualcosa, ma ogni tanto ci si imbatte in qualche bel titolo.

Esattamente come feci per l'articolo sui giochi di fantascienza impegnata, vi propongo 7 titoli che reputo divertenti e profondi. Questi titoli rientrano nella seguente descrizione della Wiki:
(il genere) tratta vicende reali, avvenute nel passato o che abbiano verosimiglianza con la realtà e che siano comunque ambientate in un preciso contesto storico, ricostruito nei dettagli in modo da apparire credibile [...]. Tale genere conferisce alla ricostruzione dell'ambientazione storica un'importanza notevole.
Chiaramente, qualsiasi titolo abbastanza appropriato potrebbe prestarsi a un tale approccio. Prendete Durance di Jason Morningstar, ambientatelo in Australia e avrete un gdr storico. Però questo articolo vuole muoversi in maniera un po' diversa. Troverete dunque titoli inseriti in un contesto storico ben preciso, che vi permetteranno di giocare personaggi credibili all'interno di quel contesto. Ma sono anche giochi profondi, che non si limitano a dare delle precise coordinate storiche, ma vogliono esplorare dei temi e utilizzano la Storia come pretesto per permettervi di raccontare la vostra, di storia.

Ciancio alle bande, ecco i titoli:

Carolina Death Crawl

La guerra di secessione ha per gli americani un peso enorme, difficile da capire per noi europei; per loro non è solo una guerra, ma un fratricidio, un momento della storia in cui un fratello ha ucciso un altro fratello. Carolina Death Crawl di Jason Morningstar (autore anche di Fiasco e Durance) mette i giocatori nei panni di soldati nordisti, un tempo sudisti, rimasti bloccati dietro le linee nemiche e apparentemente abbandonati dai compagni. Traditori sia per una fazione che per l'altra, l'unica salvezza per loro è raggiungere il campo confederato, lontano, oltre i fucili dell'unione.

La meccanica del gioco è spietata: Carolina Death Crawl è un gioco competitivo dove solo uno dei giocatori arriverà vivo alla fine. Chi morirà diventerà uno spettro della palude e si aggirerà per il tavolo da gioco a bisbigliare nell'orecchio di chi è ancora in gioco, in modo da fargli fare cose tremende. Le carte, divise in tre mazzi (kill, disgrace e destroy), sono costruite in modo tale che sopravvivere significherà fare cose terribili, meschine e crudeli.

Carlina Death Crawl ha una visione cruenta e senza filtri della guerra civile, utilizzata come esempio di tutte le guerre, e toglierà fuori i bassi istinti e le crudeltà che sottostanno alla mera sopravvivenza. Perché la guerra non è fatta di alti ideali, ma di rantolii nel fango. Essendo tecnicamente un gioco di carte, il mazzo contiene anche delle particolari carte colore piene di interessanti spunti storici.

Master: no
Numero giocatori: 3-5
Durata: 1 sessione
Preparazione: no
Traduzione italiana: no
Consigliato se: vi intriga la guerra civile americana e non avete problemi con giochi one-shot che utilizzano carte speciali. 


Grey Ranks

La seconda guerra mondiale ha lasciato una cicatrice indelebile nella memoria collettiva, un periodo buio e doloroso dilaniato dalle fauci di regimi dittatoriali e feroci. Un periodo, però, dove la speranza non era morta e alcune persone osavano alzare la testa. Grey Ranks, capolavoro di (ancora una volta) Jason Morningstar, parla di piccoli partigiani nella Varsavia occupata dai nazisti. Non piccoli per via del loro coraggio, ma piccoli per via della loro età.

I protagonisti sono ragazzini tra i 14 e i 17 anni membri dei Ranghi Grigi, un piccolo gruppo di guastatori e messaggeri davvero esistito, composto da giovani arruolati per aiutare la resistenza polacca contro i nazisti. Il gioco è talmente calato nella storia che, oltre alle obbligate note storiche sul manuale e la lista dei nomi e delle frasi tipiche dei soldati tedeschi, presenta una serie di frasi da recitare all'inizio di ogni capitolo di gioco (fisso e già deciso), ossia gli annunci di Radio Folgore, stralci di una vera radio partigiana e forieri di vere notizie storiche (e di spettacolari spunti di gioco).

La meccanica del gioco è, come consuetudine di Morningstar, spietata. Ogni giocatore sceglie una cosa cara al suo personaggio, come un luogo o una persona, poi posiziona il ragazzino su una griglia che rappresenta uno stato emotivo. Il gioco è senza master; si impostano le scene e si risolvono con un tiro, la cui difficoltà è preimpostata e progressivamente più alta con il passare dei capitoli. Nelle fasi avanzate, per vincere le scene i giocatori saranno costretti a sacrificare ciò che hanno di più caro, per poi magari vedere crollare comunque tutto il loro mondo.

Nella realtà la rivolta venne soppressa nel sangue, e Grey Ranks ha una fine altrettanto dolorosa. Alcuni protagonisti si sacrificheranno come martiri, altri cadranno in depressione, altri ancora si suicideranno. I più fortunati si arrenderanno ai tedeschi. Cosa riusciranno a salvare? Quale parte della loro infanzia perderanno per sempre? 

Master: no
Numero giocatori: 3-5
Durata: 3-5 sessioni
Preparazione: no
Traduzione italiana:
Consigliato se: amate i giochi numericamente all'osso, che puntano tutto sulle emozioni forti e pesanti e non vi dispiace giocare ragazzini. Consigliato anche se amate il periodo storico. 


Montsegur 1244

«Nella fortezza di Montsegur, ultimo rifugio degli eretici Catari durante l'assedio crociato del 1244, si dipanano le vicende di un gruppo di eterogenei personaggi legati tra loro da una complessa rete di rapporti personali fatti di legami di sangue, d’amore, fede o dovere.»

Come avrete notato, il tema centrale del gioco è l'assedio, sia fisico che culturale, basato tutto sul lottare per la propria fede e le proprie convinzioni; ma è anche molto più di questo. Montsegur 1244 propone un pantheon di personaggi profondi, complessati e ricchi di sfaccettature, ai quali spetterà ai giocatori dare vita e concretezza.

Ogni giocatore utilizza da 2 a 4 personaggi (il numero cambia in base ai partecipanti), tutti basati su persone davvero presenti nella fortezza durante l'assedio, ma solo uno a testa (e a scelta) sarà uno dei protagonisti; gli altri si limiteranno a svolgere il ruolo di personaggi secondari. I personaggi sono caratterizzati da tratti e legami, e specialmente da tre domande, alle quali si risponderà durante il gioco. Il gioco in se è diviso in più atti, i quali, grazie a un veloce preambolo storico da leggere, seguono le fasi dell'assedio alla fortezza sino al finale sanguinoso. All'interno di questi atti ogni giocatore dovrà chiamare una scena sui suoi personaggi principali, basandosi sugli spunti dati dal gioco: le domande, le carte scena, le carte storia, gli atti e le relazioni. Molto interessante la meccanica del rubare le scene, che aggiunge dinamismo e interessanti intermezzi narrativi.

Nonostante l'estrema semplicità del gioco, totalmente diceless, tutti questi piccoli ma efficaci strumenti portano il gioco verso una direzione tragica, dove le proprie certezze verranno messe a dura prova e la propria fede scalfita. Alla fine dell'ultimo atto ogni giocatore sceglierà il fato del proprio personaggio, con la consapevolezza che almeno uno dovrà bruciare sul rogo per ciò in cui crede e solo uno potrà scappare durante la notte. Gli altri dovranno scegliere: abiurare o venire lambiti dalle fiamme. 

Master: no
Numero giocatori: 3-6
Durata: 1 sessione
Preparazione: no
Traduzione italiana: sì
Consigliato se: apprezzate i giochi diceless dove ce la si racconta, le storie tragiche che finiranno male e un approccio drammatico e sentito alla storia medievale. 


Night Witches

Jason Mornigstar inizia a essere un habitué di queste pagine, e con lui anche il secondo conflitto mondiale. Night Witches si ambienta durante la WWII e vede protagoniste le "streghe della notte", ossia le donne del 588º Reggimento bombardamento notturno sovietico, realmente esistite e le più decorate dell'aviazione sovietica del periodo.

Basato sul motore de Il Mondo dell'Apocalisse, Night Witches catapulta i giocatori nei panni delle aviatrici del 558° Reggimento per esplorare i temi del patriottismo, del sessismo e del legame tra commilitoni, in un racconto epico di guerra, onore e sacrificio. Il gioco si divide in due fasi ben distinte: il giorno e la notte, ognuna con le sue mosse specifiche.

Il giorno è il momento per il riposo, i conflitti e le relazioni interpersonali, mentre la notte vedrà bombardamenti e raid aerei con tanto di target reali che, attraverso l'Unione Sovietica, la Polonia e, in fine, la Germania, seguiranno le vicende storiche della guerra. I pericoli sono tanti e molteplici. Le missioni sono davvero difficili e la mortalità è alta, tanto che il proprio personaggio potrebbe facilmente morire o finire in ospedale, in modo da ricordare la poesia Soldati di Ungaretti. Niente paura, perché il gioco prevede lo switch tra GM e giocatori come parte integrante delle proprie meccaniche. A parte questo, i personaggi usciranno segnati per sempre dal conflitto, grazie ai marchi da segnare sulla scheda, che il gioco suggerisce di inserire anche attraverso potenti flashback.

Meccaniche profonde, che usano l'azione violenta a bordo degli aerei, tra l'altro descritti e gestiti in maniera impeccabile, come base sanguinosa per esplorare i rapporti interpersonali e la difficoltà di essere donne russe in quel periodo. Il gioco forza i giocatori a fronteggiare il sessismo, spesso in maniera diretta e cruda, e lo fa obbligando i giocatori a creare personaggi credibili, anche grazie alla meccanica dei Regards, ossia sentimenti personali verso commilitoni e aerei. 

Master: sì
Numero giocatori: 3-5
Durata: 6-10 sessioni
Preparazione: una minima preparazione da parte del master
Traduzione italiana: no
Consigliato se: apprezzate i giochi basati su Apocalypse World, le storie di battaglie aeree e i giochi che esplorano tematiche pesanti come il sessismo. Se siete maschietti, è consigliato solo se non avete problemi a giocare un personaggio femminile (conosco persone che proprio non ci riescono). 


Sagas of the Icelanders

I popoli norreni suscitano da sempre l'interesse di molti studiosi e appassionati. Entrati nell'immaginario come gente dura, rozza e violenta grazie al mito dei vichinghi, in realtà erano un popolo dalla vasta cultura e tecnologia avanzata, il primo popolo a solcare le gelide acque dei mari del nord sino ad arrivare all'attuale Islanda.

Sagas of the Icelanders si rifà alle ricche saghe nordiche e racconta i duri inverni e le brevi estati dei coloni islandesi del X secolo d.c. Il motore di gioco è quello del Mondo dell'Apocalisse, ma pesantemente modificato. Qui il tempo viene scandito dal proseguire delle stagioni, in modo da creare una storia generazionale di uomini, donne e bambini. Una delle particolarità del gioco, infatti, è la suddivisione delle mosse base e dei libretti in base al sesso. Gli uomini avranno accesso a mosse e libretti diversi rispetto alle donne, e questo per ricalcare la struttura della società norrena del tempo, con una visione d'insieme e una sensibilità che fanno onore all'autore.

Non immaginatevi un gioco pieno di battaglie infinite ed epiche gesta, perché Sagas non vuole parlare dei vichinghi del mito, ma dei vichinghi della storia. Certo, la violenza non manca, ma esattamente come le saghe a cui è ispirato, ai guerrieri si avvicenderanno contadini, matriarche, bambini e disadattati, per dare vita a un racconto corale, a volte drammatico, a volte intimo, fatto di faide, catastrofi naturali, amori, tradimenti e vendette. Direi che la serie tv Vikings potrebbe rendere in parte l'idea di cosa otterrete con questo gioiellino.

In tutto questo, nessuno vi impedisce di inserire del soprannaturale, ma di base le fondamenta di Sagas sono storiche al 100%, tanto che non manca una splendida appendice storica sulla vita degli islandesi del X secolo. Direi che si tratta di un viaggio allettante, che dite?

Master: sì
Numero giocatori: 3-5
Durata: attorno alle 10 e più sessioni
Preparazione: una minima preparazione da parte del master
Traduzione italiana: no
Consigliato se: amate storie generazionali fatte di relazioni tra personaggi e attendibilità storica, apprezzate i powered by the Apocalypse e vi affascina la storia dei vichinghi e degli islandesi. 


Shahida - vivere prigionieri in zona di guerra

Scritto da Ron Edwards, già papà di Sorcerer e Trollbabe, Shahida non è solo un gioco di ruolo, ma anche un completo e illuminante saggio storico sulla realtà della guerra civile libanese, un lungo conflitto iniziato nel 1975 e finito nel 1990. Una guerra recente ma già dimenticata, che l'autore vuole ricreare grazie a un sistema di gioco semplice e allo stesso tempo potentissimo.

In Shahida non si interpreta un personaggio fisso, ma personaggi diversi, in modo da seguire la storia generazionale di una famiglia libanese durante la guerra. A un giocatore, che una volta scelto vestirà i panni dello Shahid ("testimone" in arabo), viene chiesto di stilare l'albero genealogico della famiglia protagonista in un dato periodo, in modo da avere un insieme di personaggi da poter utilizzare. Come detto, i giocatori potranno utilizzare personaggi diversi, e il regolamento si prenderà la briga di gestire la narrazione, in modo che sia sempre chiaro chi può dire cosa e quando.

L'estrema semplicità non deve trarre in inganno, perché i pochi strumenti sono potenti e colpiscono alla bocca dello stomaco dirigendo la narrazione verso una storia dura, crudele, dove la guerra piomberà sulle vite dei personaggi, travolgendole, distruggendole, martoriandole. A questo proposito, il lungo e affidabile saggio storico, che oltre a una cronologia storica tocca i temi del fondamentalismo e del colonialismo, e  che compone quasi il 90% del manuale, risulta indispensabile per entrare davvero nel mood del gioco. Una volta letto il saggio ci si accorge di come gioco e saggio siano indissolubilmente legati. Lavorano in concerto, in modo da dare al giocatore materiale a cui affezionarsi, così che poi le meccaniche del gioco possano ferirlo, facendogli vivere la guerra per tutta la durata della sessione. 

Master: no
Numero giocatori: 4-7
Durata: 1-2 sessioni
Preparazione: no
Traduzione italiana: 
Consigliato se: non vi spaventa l'idea di leggere un saggio storico per dover giocare, vi piacciono i giochi con regole molto semplici e le storie generazionali drammatiche sulla guerra e le sue bruttezze.


Thou Art But a Warrior

Il mondo musulmano, ieri e specialmente oggi, è sempre stato visto con diffidenza e paura. Ci si dimentica sempre della sua storia e dei suoi successi culturali, anche perché raramente vediamo opere di narrativa ambientate durante il picco della sua civiltà. Thou Art But a Warrior invece fa proprio questo. Ambientato durante le crociate, ci mette nei panni di guerrieri/poeti arabi a difesa di al-Andalus, la penisola iberica sotto il dominio musulmano, attaccata dagli infedeli cristiani.

Seguendo le orme di Polaris, sulle cui regole è basato, Thou Art But a Warrior dedica i primi capitoli del manuale a interessanti e utili notizie storiche, in modo da calarci come si deve nell'ambientazione dell'epoca. Leggendo queste pagine capiamo che non siamo difronte allo stereotipo dell'islamico ignorante e fanatico; i protagonisti del gioco sono guerrieri onorevoli, colti e aristocratici, figure verosimili e storicamente attendibili, rappresentati di una cultura ricca, avanzata e fiera, che ci viene ben evocata durante la lettura di tutto il manuale.

Il regolamento, come detto, è una hack di Polaris, quindi tutto proiettato verso storie di tragedie cavalleresche, in cui gli eroi, durante le loro vicende personali a difesa del popolo, si avvicineranno a una tragica caduta, qui rappresentata dalla perdita della fede e della speranza fino alla morte eroica. Il punteggio di discordia, che aumenta con l'avanzare dei personaggi, segna la distruzione della civiltà e l'ascesa degli infedeli, con toni sempre più apocalittici. Le frasi rituali aiutano a creare un'atmosfera mitica e leggendaria, e sono uno strumento fenomenale durante i conflitti diceless, identici a Polaris e quindi geniali nella loro forma. Quello che si ottiene è una tragedia cavalleresca corale al tempo dei mori, dal ritmo incalzante e drammatico, tra scontri di civiltà, fede, amori e bellezza.

Master: no
Numero giocatori: 4 (ma funziona anche con 3 o 5 giocatori)
Durata: 6-10 sessioni
Preparazione: no
Traduzione italiana: no
Consigliato se: amate i giochi masterless e diceless basati sulla narrazione pura, vi intriga la storia dell'Islam e vi piacciono le tragedie epico-cavalleresche. 


Oltre ai titoli sopra citati, mi preme di nominarne qualche altro che, per svariati motivi, è rimasto fuori dall'articolo.
Prima di tutto, ci tengo a segnalare Spione di Ron Edwards, capolavoro regolisticamente riconducibile a Shahida (anche se in realtà è il contrario), che vi calerà nei panni di spie credibili (scordatevi 007) durante la guerra fredda.
Si fa un passo indietro nel tempo con The Marquis of Ferrara, tutto giocato su intrighi di corte alla morte del marchese Niccolò III d'Este.
Anche se può essere giocato con forti elementi soprannaturali (ed è per questo che non si trova tra i 7 giochi principali dell'articolo), cito anche quel bellissimo gioco che è Kagematsu, ambientato durante l'epoca Sengoku in un villaggio giapponese accerchiato da una minaccia incombente. Dato che tutti gli uomini sono in guerra, solo il ronin Kagematsu può salvarlo, e spetterà alle donne del villaggio convincerlo.
Per finire, vi segnalo un lavoro un po' diverso da quelli qui citati, ma tutto italiano: 1300 di Cristian Papi, del quale, dato che ancora non è stato pubblicato, trovate info qua. Si tratta di un gioco dall'approccio molto classico, calato verosimilmente e con passione nella storia medievale. 

sabato 13 agosto 2016

E se volessi giocare... Stranger Things?


Salve, e bentornati negli eighties.
Oggi vi beccate un articolo speciale di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo, un film o un genere per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.


Gli articoli fino ad ora pubblicati li trovate qua.



Come si diceva, questo è un articolo speciale. In teoria il 21esimo articolo doveva essere un altro, ma Stranger Things ha avuto un impatto così devastante e positivo, su noi nerd DungeonsDragosi, che mi sembrava 
Cose come questa rendono l'idea di quanta voglia
ci sia di giocare di ruolo storie alla Stranger Things. 
doveroso parlarne. La serie è così legata ai giochi di ruolo che sembra automatico provare a pensare come giocare di ruolo storie simili.

Ma che tipo di storie? Stranger Things è una stupenda serie originale Netflix che strizza l'occhio agli anni '80, a registi del calibro di Spielberg e Carpenter e a romanzieri come Stephen King. 

In questo articolo tratterò Stranger Things come la summa di un genere. Un genere senza nome, dove il fantasy weird e l'horror figlio di Lovecraft incontrano i sentimenti tipici dei film con ragazzini. Un polpettone in salsa eighties, un Cthulhu con i cuoricini, dentro il quale si inscrivono cultoni senza tempo come E.T., The Goonies, It (romanzo), Stand By Me, Explorers, ma anche nuovi brand come Super 8 o Gravity Falls










I punti salienti di un'opera sono ciò che la rende unica e diversa da tutte le altre. Sapere quali sono i punti salienti di Stranger Things e opere simili è fondamentale, se vogliamo capire come giocare questo genere al meglio.

Ragazzini nerd outsider amici per la pelle

I protagonisti di Stranger Things, come saprete, sono ragazzini nerd anni '80, con bici, walkie-talkie, passatempi nerd (D&D!), famiglia borghese benestante e tradizionalissima, bassa popolarità a scuola e bulli pestatori al seguito. Sono outsider. Questa è anche la base di film come E.T., The Goonies, Explorers e Stand by me. 
Questi ragazzini non sono solo curiosi, in gamba e molto colti e intelligenti per la loro età, ma sono un gruppetto di amici uniti per la pelle da un'amicizia fortissima e totale. Hanno i loro posti segreti, il loro linguaggio in codice, il loro modo di comunicare a distanza e i loro passatempi, tutte cose incomprensibili a quasi tutti i loro coetanei e agli adulti. Dato che non possiedono poteri o abilità fuori dal comune, la loro vera forza è la loro unione profonda, che li renderà capaci di imprese impossibili a qualsiasi adulto.

La realtà della periferia americana

I protagonisti giovincelli vivono all'interno di una realtà credibile e quotidiana, quella di un tranquillo e sonnacchioso paesello di provincia, rigorosamente negli USA e rigorosamente anni '80 (queste ultime due cose però potrebbero non essere imprescindibili), di cui l'inventata Hawkins è un ottimo esempio (come sono ottimi esempi Astoria o le cittadine del Maine dei racconti di King). I nostri ragazzini vanno a scuola, vivono all'interno di famiglie più o meno classiche, sono circondati dal solito stuolo di personaggi da provincia bigotta. Tutto è pensato per sembrare monotono, tranquillo e tremendamente ordinario.

Il problema dei protagonisti

In tutto questo, i nostri ragazzini devono affrontare un problema terra-terra, reale e banale, come i bulli, la separazione dei genitori, gli impiccioni, i debiti, degli immobiliaristi senza scrupoli e così via. Sono problemi di personaggi in qualche modo oppressi, non certamente vincitori, ritenuti diversi e deboli dalla gente del piccolo paese. 

Il mistero da svelare

Nella realtà quotidiana appena descritta, ecco che si insinua un mistero, un elemento fantastico e fuori dall'ordinario che stravolgerà le vite dei protagonisti e le vite del paese stesso, e che sarà alla base della storia. Il mistero, in Stranger Things, è rappresentato dalla scomparsa di Will Byers e dall'arrivo di Eleven, ma tutti i film a cui la serie Netflix si ispira hanno un mistero che stravolge le vite dei protagonisti. In The Goonies il mistero ha la forma dell'antico tesoro di Willy l'orbo, in Stand by Me c'è di mezzo un cadavere, mentre in Explorers il mistero è uno strano sogno che porterà alle stelle. Come è facile evincere, il mistero è un problema importante che va risolto al più presto, oppure la sua soluzione (come in The Goonies).

Una corsa, contro il tempo e non solo

Che sia per colpa del mistero o meno, c'è sempre un limite di tempo entro cui qualcosa va fatto assolutamente per evitare l'accadimento di cose brutte, che può essere la fine della scuola o la scadenza di un importante contratto. Questo aggiunge una forte tensione, data anche dal fatto che i protagonisti sono sempre in fuga da qualcosa, costretti a nascondersi o fuggire. Non c'è mai tempo, tutto deve essere fatto di corsa, e spesso di nascosto, sia dai cattivi, sia dagli adulti.

Gli adulti non capirebbero

Una cosa molto importante: i ragazzini sono da soli. Quello che sanno non possono dirlo agli adulti, che non capirebbero, incapaci come sono a comprendere e accettare lo straordinario, a pensare oltre gli schemi preconfezionati. Sono quindi costretti a dire bugie, a comportarsi in modo strano e furtivo e a beccarsi punizioni. La mancanza di dialogo tra genitori e figli è uno dei motivi principali per cui i giovanissimo finiranno nei guai. Certo, in Stranger Things ci sono anche due adulti che credono ai bambini e li aiutano, ma sono personaggi che vengono visti come folli dal resto degli adulti e quindi non rientrano nello schema prestabilito delle cose. 

Una grande minaccia 

Il mistero, da solo, non basta a mettere a soqquadro le vite dei protagonisti. Le strane cose che stanno accadendo interessano o vedono coinvolti persone o esseri pericolosi. In Stranger Things esiste addirittura una doppia minaccia: gli uomini cattivi del governo, ossia gli scienziati ispirati neanche tanto velatamente a quelli di E.T., e il Demogorgone, mostro dimensionale che è sia Lo squalo che lo xenomorfo di Alien. La minaccia vuole impedire ai protagonisti di risolvere il mistero, perché ne è la causa o perché può trarne vantaggio. Ed ecco quindi che l'avventura diventerà una corsa contro il tempo per riuscire a essere sempre qualche passo avanti rispetto ai cattivoni. 

Un essere fuori dall'ordinario

Spesso legato al mistero in corso, o a volte capitatovi dentro suo malgrado, c'è sempre un essere estraneo e alieno che gioca un ruolo fondamentale nella vicenda. In Stranger Things ne abbiamo ovviamente due, ma se il Demogorgone è parte della minaccia, qui è Eleven a vestire il ruolo che in altre pellicole è stato del piccolo alieno E.T. o dell'enorme e deforme Slot. Quest'essere è il classico aiuto ultraterreno, e diventerà membro a tutti gli effetti della banda di amici. Il suo essere diverso è qualcosa che ha in comune con i protagonisti, ed è anche il suo più grande pregio.




Di seguito troverete un elenco di punti che, per me, dovrebbero caratterizzare un gioco ideale su Stranger Things e questo genere senza nome di cui abbiamo parlato.

  • Ragazzini sfigatelli come protagonisti: i nostri protagonisti non devono essere energumeni con spadoni o mortali ladre poppute, ma semplici ragazzini. Geniali certo, e coraggiosissimi, ma comunque ragazzini. Specialmente, ragazzini emarginati. Potrebbe essere carino elencare uno o due motivi per cui sono speciali e geniali, e un paio di motivi per cui sono strani ed emerginati, come dei tratti. 
  • Con gli adulti non si può ragionare: deve essere impossibile ragionare con gli adulti, proprio da regolamento. Gli unici modi per manipolare in qualche modo i grandi dovrebbero essere mentire, nascondere cose, agire di nascosto e azioni simili.
  • Il potere dell'amicizia: una meccanica che premi il legame d'amicizia tra i protagonisti e che lo renda essenziale durante alcuni conflitti. 
  • L'escalation della minaccia: se non si agisce, la minaccia otterrà sempre più terreno. Avete presente i fronti di Mostro della Settimana? Una cosa simile potrebbe essere particolarmente azzeccata in questo contesto. 
  • Un sistema di timer: c'è sempre un tic tac che preme sulle teste dei protagonisti e qualcosa che va fatto prima che finisca il tempo. 
  • Nessuno utilizzi l'amico magico: ossia il corrispettivo di Eleven o E.T. Questo personaggio dovrebbe (o potrebbe, vedete voi) essere un png, magari "manipolabile" dai giocatori tramite alcune meccaniche. L'idea è che i giocatori utilizzino solo i ragazzini, che vedano gli eventi attraverso i loro occhi, in modo che l'essere sovrannaturale mantenga un certo alone di mistero. In un gioco senza GM potrebbe venire utilizzato da tutti, in modo da essere vago e misterioso.
  • Il mistero si svela piano piano: che è una cosa ottenibile sia con un GM che ha preparato il plot, sia inventando ciò che serve al momento. 






Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.

Bubblegumshoe - lo trovate qui
Praticamente il Gumshoe system con i ragazzini. È perfetto perché ci sono misteri da risolvere, ci sono i ragazzini con le loro forti relazioni d'amicizia e c'è un paesino da creare ed esplorare giocando. Il Gumshoe è un regolamento che da sempre pone enfasi sulle fasi investigative, che è una cosa che non stona per niente nel contesto di cui stiamo parlando. L'unica differenza è che il gioco è pensato per un setting moderno piuttosto che uno anni '80, ma immagino non sia un problema difficile da risolvere. 


Di cosa hai paura - lo trovate qui
Con questo siamo molto più sulle parti di Stranger Things e Super 8 piuttosto che E.T. e The Goonies, e quindi va decisamente bene. Ovvio, non solo per questo. È un gioco basato sul motore Gumshoe, quindi decisamente investigativo, e ci mette nei panni di persone comuni alle prese con le paure ataviche dell'infanzia. Molto facile da adattare per i nostri scopi. 


Little Fears - lo trovate qui
Come si può facilmente evincere dal titolo, Little Fears parla di paure infantili. I protagonisti sono bambini e l'atmosfera è quella di molti romanzi di Stephen King. Il setting principale prevede dei bambini braccati da mostri che rappresentano i vizi capitali. I bambini possiedono una sorta di magia ancestrale con la quale possono difendersi. Esistono però setting molto più vicini a Stranger Things, tanto che la Nightmare Edition permette di ricreare quel tipo di premesse. Forse il regolamento risulta un po' troppo macchinoso per lo scopo, ma secondo me può funzionare senza problemi. 


Annalise - lo trovate qui
Annalise è un gioco masterless dove si giocano persone comuni alle prese con un vampiro. Il vampiro può essere qualsiasi tipo di mostro, e i personaggi possono tranquillamente essere dei bambini alla Goonies, personaggi che hanno subito un grande dolore nella loro vita e che sono vulnerabili proprio per questo (e quindi si rifà al background di molti protagonisti del genere). Il risultato potrebbe essere un po' più crudo e horror di quanto visto nella serie tv, ma secondo me le affinità sono palesi.



Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco su Stranger Things e titoli affini per essere davvero efficace? Come creereste un gioco dedicato? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.

martedì 2 agosto 2016

I tanti colori di Trollbabe

Interrompo lo stop estivo per scrivere un articolo che è l'esatto opposto della mia serie di articoli E se volessi giocare. In quella rubrica parto da un'opera o genere noti e, dopo aver capito come sono strutturati, vedo come sarebbe possibile giocare storie simili con diversi giochi di ruolo.

Claudia Cangini
Con questo articolo farò esattamente il contrario. Partirò da un gioco ben preciso e, in base al tipo di storie che permette, vedrò un po' come adattarlo a diverse opere affini. Insomma, vedrò come fare dei color hack, che per i non addetti, trattasi di modifiche sul colore del gioco (setting, personaggi, apparenza). Potrebbe essere un esercizio inutile, certo, ma potrebbe anche interessare. 

Per iniziare mi va di mettere sotto i riflettori un gioco molto famigerato ma purtroppo poco conosciuto al di fuori di alcuni ambienti: Trollbabe (qui la versione italiana).

Ideato da Ron Edwards nel 2002, e ancora considerato un gioco innovativo nonostante abbia già 14 anni sul groppone, Trollbabe è un gdr seminale e uno di quei giochi che si amano o si odiano. Nel gioco i giocatori interpretano ognuno una trollbabe, eroina femminile ibrido tra gli uomini e i troll, troppo diversa rispetto a ognuna delle due culture per farne davvero parte. Nel gioco esistono tante trollbabe quanti sono i giocatori: esse sono uniche e la loro presenza lascia sempre il segno; sono eroine che seguono il trope del drifter, tanto da agire da sole ognuna nella propria avventura personale. Il party non esiste, in Trollbabe. 

Partendo dalla classica struttura master/giocatori, Trollbabe rimescola le carte in tavola per quanto riguarda i poteri dei partecipanti, la narrazione dei conflitti e i conflitti stessi (divisi in tre arene di conflitto precise), in modo da ottenere storie episodiche, a scala sempre crescente, di eroine esagerate e potentissime che arrivano come esterne in una situazione tesa e la modificano con le loro azioni (o inazioni). Potesse interessarvi, il mio amico Ivan ha scritto una recensione molto completa del gioco

Le meccaniche di Trollbabe sono pensate per un certo tipo di storia, ma si adattano senza troppi problemi ad altre ambientazioni senza snaturare in alcun modo il tipo di storie che Trollbabe permette di vivere. Grazie a quest'impostazione, fare dei color hack del gioco potrebbe essere relativamente semplice. 
Tazio Bettin

Ecco alcune idee per fare dei color hack di Trollbabe basati su opere famose. 

In un futuro post nucleare, dove le risorse sono scarse e la legge è ormai un ricordo del passato, Max è un folle vagabondo che viaggia senza meta nel vasto deserto tossico che è ormai il mondo. Le sue avventure sono narrate nella serie cinematografica ideata da quel genio di George Miller. Max è il drifter per eccellenza. Finisce nei guai praticamente per caso, e spesso per caso riuscirà ad uscirne. Si tratta però di un personaggio larger than life, una trollbabe fatta e finita.

Nel mondo di Max la magia non esiste, e anche la tecnologia non gioca un ruolo poi così forte. Quello che possiamo fare è sostituire la magia con pilotare. In Mad Max gli inseguimenti in auto sono all'ordine del giorno, tanto che l'ultimo capolavoro della saga, Fury Road, non è altro che un lungo e spettacolare inseguimento. Per questo motivo ogni personaggio dovrebbe descrivere il proprio mezzo di locomozione.

Ah, importante. Qui i troll non esistono, e i nostri personaggi potrebbero essere Max e/o altri vagabondi del deserto tossico. Al posto di scegliere un oggetto umano e uno troll, i giocatori potrebbero avere un oggetto del passato prima della catastrofe e un oggetto legato alla catastrofe. Al posto dell'incantesimo magico ricordato, sarebbe figo inserirci un'insperata botta di culo


Hokuto no Ken si ambienta in un mondo post-apocalittico che deve moltissimo all'immaginario creato da Mad Max. Il protagonista dell'opera è Kenshiro, un guerriero di arti marziali che viaggia per questo mondo devastato alla ricerca di vendetta. Anche lui ricalca abbastanza bene la figura del drifter: arriva in un luogo problematico e, grazie alle sue azioni, ne cambia l'assetto. 

In questo color hack fatto di tamarragine pura, possiamo decidere di giocare Ken (e quindi nessuno può mai incontrarsi) oppure eroi simili a lui, maestri di qualche scuola marziale dai nomi "stellari". Il mondo di Ken è ancora più violento di quello di Trollbabe, quindi tutte le meccaniche vanno più o meno bene. Vanno però cambiate due statistiche: combattimento e magia, che potrebbero diventare due forme diverse di arti marziali, una per i colpi diretti e l'altra per gli attacchi che manipolano gli tsubo (ridanno la vista, causano tumori, ecc.). Tutti i riferimenti alla magia vanno modificati con riferimenti a distinte scuole di arti marziali, cosa che dobbiamo far riflettere anche sui tiri aggiuntivi. 

Per ulteriori spunti potete controllare questo articolo


Parliamo di Xena, ma il discorso si amplia anche a Hercules, serie principale della quale Xena è in effetti lo spin-off. Xena è una guerriera malvagia pentita, in viaggio per l'antica Grecia (e non solo) in cerca di redenzione. Quasi invincibile, sensuale e piena di buona volontà, durante il suo viaggio affronterà situazioni tese in cui finirà quasi per caso, per uscire dalle quali cambierà spesso lo status quo di piccole comunità, combatterà mostri mitologici, contrasterà divinità e creerà legami più o meno duraturi. La serie di Hercules funziona più o meno allo stesso modo.

Il problema principale è che Xena è una sola, quindi il gioco potrebbe diventare per soli due giocatori (GM e Xena), ma potremmo pensare di inserire anche Hercules, aggiungendo così un terzo giocatore, con le stesse dinamiche delle Trollbabe: avventure separate, e a volte ci si incontra. 

Le caratteristiche rimarrebbero invariate, a parte magia; in Xena la magia esiste, ma nessuno dei protagonisti la utilizza. Potremmo sostituirla con qualcosa come "trucchetti": nascondersi, usare trappole, arnesi strani e cose del genere. Anche la lista per i "tiri aggiuntivi" andrebbe in parte rivista, sostituendo un incantesimo ricordato o altro effetto magico con un aiuto divino. Cambierebbe anche l'oggetto troll, trasformabile in un oggetto divino.

Per il resto, il mondo di Xena è brutale e ricorda molto da vicino quello di Trollbabe.   

Le avventure del pazzo con una cabina blu, ossia la serie di fantascienza più longeva di tutti i tempi. Doctor Who è un'infinita avventura nello spazio e nel tempo, con protagonista il Dottore, un alieno unico nel suo genere che, grazie a un'astronave e macchina del tempo chiamata Tardis, viaggia di epoca in epoca e di pianeta in pianeta, spesso con una companion, risolvendo problemi, combattendo mostri e salvando persone, in un perenne girovagare privo di un reale scopo, se non il viaggio stesso. 

Fare un color hack di Trollbabe a tema Doctor Who significa giocare il Dottore invece che una Trollbabe. Certo, sembra tutto perfetto, ma nel gioco originale le varie Trollbabe possono incontrarsi. E qui? Anche qui, perché ogni giocatore utilizzerebbe un Dottore differente, persino inventato (il 26° Dottore, per esempio), e nella serie a volte i vari Dottori si incontrano. Se non lo sapeste, il Dottore si rigenera in una nuova persona ogni volta che viene ferito. 

Ovviamente, in DW non si combatte e la magia non esiste; al posto del combattimento potremmo inserire "fuga" (si corre tanto in Doctor Who), mentre la magia diventerebbe "tecnologia" (Technobabble se scrivessimo l'hack in inglese), che in DW spesso sembra vera e propria stregoneria. A questo proposito andrebbe anche rivista la lista dei "tiri aggiuntivi", inserendo un effetto o oggetto tecnologico imprevisto e il cacciavite sonico, e l'oggetto troll diventerebbe un oggetto alieno. Anche la scala andrebbe modificata, perché in DW varia di episodio in episodio in maniera imprevedibile e non crescente. 

Ultima modifica possibile: come vogliamo gestire la companion? Una forma speciale di relazione, spendibile più volte fino all'abbandono/morte del companion? Oppure vogliamo farla utilizzare a un terzo giocatore?

Per ulteriori spunti potete controllare questo articolo


Avete mai sentito parlare del samurai cieco? Se la risposta è no, vergognatevi. Se la risposta è si, allora sappiate che Trollbabe potrebbe permettervi di giocare avventure molto simili a quelle di Zatoichi, e in generale le storie di rōnin giapponesi che viaggiano di villaggio in villaggio, come Kenshin, o addirittura Samurai Jack. In queste storie, l'eroe è un drifter che viaggia di villaggio in villaggio perseguendo i suoi scopi, ma spinto dal buon cuore aiuta la gente del posto e risolvere problemi che solo la sua spada è in grado di sconfiggere. 

In molte di queste storie la magia non esiste, o almeno non nei modi a cui siamo soliti pensare.  I grandi combattenti giapponesi utilizzano la potenza della loro volontà per fare cose straordinarie. Quindi, che ne dite se la magia diventa volontà o ki?  Se invece non vogliamo alcun inserto soprannaturale, possiamo decidere di sostituire combattere con Kenjutsu, ossia il combattimento diretto e pulito, e la magia con il Ninjutsu, tecniche ninja e evasive. Un incantesimo ricordato diventerebbe una potente tecnica proibita

Lo so che sembra assurdo, ma prima di prendermi a parolacce leggete un po' le mie motivazioni. Tanto nei videogiochi che nell'anime si parla di un giovane allenatore di pokémon che parte in cerca di avventure e di pokémon; vuole sfidare le palestre, catturare nuovi mostriciattoli e diventare un allenatore migliore. Durante il viaggio, farà tappa in luoghi sempre nuovi, ognuno con i suoi problemi da risolvere, legati sempre in qualche modo al mondo dei mostri tascabili e con una scala mano a mano crescente. Conoscerà nuovi amici, si farà nuovi nemici e risolverà situazioni. 

Appurato dunque che le premesse sono quelle giuste per il regolamento base di Trollbabe, vediamo un po' come modificare tutto il resto. Per prima cosa, potremmo utilizzare una doppia meccanica per le relazioni: una per gli umani e una per i propri pokémon (massimo 6). Le relazioni con i mostriciattoli si creerebbero catturandoli o ottenendone l'amicizia. In questo contesto le relazioni non possono venire uccise, ma al massimo andranno KO e forse dovremmo agire attivamente per ripristinarli. La violenza in Pokémon non esiste, e infatti è la prima cosa da rivedere anche per quanto riguarda la preparazione del GM.

Ovviamente, cambia il tipo di personaggi che andremo a giocare. In Trollbabe giochiamo esseri unici, in Pokémon invece un allenatore tra altri allenatori; questo però non è propriamente vero, perché i protagonisti di Pokémon sono unici, rari cuori puri, capaci di entrare automaticamente in comunione con i pokémon. Questo ci impone di modificare anche le tre statistiche, che potrebbero diventare: Empatia (invece che sociale), Abilità Pokémon (al posto di combattere) e Esplorare (per tutto ciò che concerne il viaggio, l'uso di oggetti, ecc). Cambiare i "tiri aggiuntivi" con oggetti e possibilità tipiche di Pokémon, poi, dovrebbe essere rapido.

Per ulteriori spunti potete controllare questo articolo



Per concludere, Trollbabe potrebbe essere una buona scelta se volete giocare storie di pistoleri solitari in stile Leone. Nelle storie tipiche dello spaghetti western, l'eroe solitario arriva in qualche città polverosa spinto dai propri interessi, ma risolverà comunque dei problemi locali come risultato delle proprie azioni.

Il problema principale, per una hack simile, è che la magia perderebbe di significato, e non riesco a pensare a un'arena di conflitto con cui sostituirla. Ed è un peccato, perché il tema si sposerebbe benissimo con tutto il resto del regolamento del gioco. Voi che leggete, avete idee? 


Un'idea di color hack originale


Avete familiarità con il concetto di hanyō? No? Nessun problema, spiego io. Nel folklore giapponese un hanyō è il frutto dell'amore tra un essere umano e uno yōkai, che a sua volta è uno spirito o mostro. Nella nostra lingua non esiste un termine capace di tradurre tutte le sfumature insite nella parola giapponese, ma possiamo considerare un hanyō come un mezzo demone o mezzo spettro. 

Nel color hack che propongo, le trollbabe vengono sostituite dagli hanyō, esseri unici anch'essi figli di due mondi. Non abbastanza umani da essere accettati tra gli uomini; non abbastanza mostri per essere yōkai. Data la loro natura, gli hanyō possono usare la magia. Quella umana è un intrico di rituali, parole e pergamene. Quella delle yōkai è diretta, brutale e brucia energia naturale e vitale. 

A differenza delle trollbabe, ogni yōkai ha delle capacità innate uniche che si palesano nel suo aspetto. Occhi da volpe? Una coda o nove code? Orecchie da gatto? Corna da oni?
I nostri ibridi jappici viaggiano sulla mappa di un Giappone mitico, entrando in contatto con villaggi assediati da briganti, foreste dove gli spiriti della natura stanno morendo, campi dove la guerra ha bruciato tutto.

La cosa bella di questo color hack è che le modifiche sono davvero solo colore. Tutto l'impianto del gioco rimane invariato, non abbiamo bisogno di toccare nulla.



E voi? Avete altre idee su come hackare Trollbabe? Se si, fatemele sapere.